Iniziata, lo scorso 22 settembre, la campagna che porterà al rinnovo, anticipato, della presidenza del PLD. Cinque i candidati: Sanae Takaichi, già ministra alla Sicurezza Economica con Kishida e due volte agli Interni e Comunicazioni con Abe; Shinjiro Koizumi, figlio dell’ex premier Junichiro e ministro dell’Agricoltura; Yoshimasa Hayashi, attuale Segretario Generale del Gabinetto e già ministro degli Esteri con Kishida e dell’Istruzione in un governo Abe; Toshimitsu Motegi, numerose volte ministro e Segretario del PLD con Kishida e Takayuki Kobayashi, anch’egli già ministro alla Sicurezza Economica. Koizumi e Takaichi, secondo alcuni sondaggi, sembrano essere tra i favoriti nella corsa che chiamerà ad esprimersi i parlamentari iscritti al partito ed i rappresentanti delle federazioni.
Koizumi ha smentito, qualora dovesse diventare il nuovo premier, l’intenzione di andare ad elezioni anticipate.
Mercoledì, nel corso di una conferenza stampa con la presenza di tutti i candidati, gli aspiranti presidenti hanno discusso soprattutto del contrasto verso la Cina, Paese con il quale tutti hanno espresso la necessità di dialogare, e del rafforzamento, sempre in funzione anticinese, delle relazioni con Stati Uniti e Corea del Sud.
Frattanto, tra gli scandali nei quali è immerso il PLD, lo scorso 25 settembre si aperto – presso la Corte Distrettuale di Tokyo – il processo a carico dell’ex senatore Yasumasa Ohno per violazione della normative sul controllo dei fondi alla politica. Il politico, secondo quanto dichiarato da Junichiro Matsumoto, ex tesoriere della fazione che fu di Abe e già condannato per questi fatti, avrebbe ricevuto denaro in nero dalla corrente con il benestare dell’ex ministro Hakubun Shimomura.
Circa un messaggio di ricordo degli ottant’anni dalla fine della guerra, dopo mesi di stucchevoli balletti, mercoledì scorso, il premier ha dichiarato che rilascerà un messaggio personale e non una dichiarazione ufficiale a nome del governo come accaduto negli anniversari precedenti.
In campo elettorale, la Corte Suprema ha stabilito, venerdì scorso, che la disparità voti seggi delle ultime elezioni per il rinnovo della Camera dei Rappresenti (2,06 in media) è stata incostituzionale. Purtuttavia, come in altre occasioni, il massimo tribunale del Paese non ha annullato il voto.
Nell’immigrazione, il governo ha deciso, lo scorso venerdì, di superare, dal primo aprile 2027, il programma di accettazione di tirocinanti stranieri e che è, ad oggi, la principale via per migrare nell’Arcipelago. Con il nuovo sistema, lo straniero potrà cambiare lavoro purché il nuovo posto sia nello stesso settore del primo.
Nella Prefettura di Osaka, i residenti dell’area prossima ad uno stabilimento Daikin, mediante cause legali, cercheranno di ottenere indagini sulle condizioni di salute a fronte di contaminazioni da PFAS accertate nelle falde acquifere a Settsu. Già dal 2009, l’azienda, i comuni della Prefettura e la Prefettura, hanno messo in piedi un comitato per studiare le misure volte a contrastare la contaminazione delle acque.
In politica estera, il premier nipponico è partito, martedì scorso, per gli Stati Uniti dove parteciperà alla sessione dell’assemblea generale delle Nazioni Unite.
Ishiba ha parlato all’assemblea martedì scorso pronunciando un banalissimo discorso sull’importanza della tolleranza e della solidarietà come strumento per risolvere i conflitti. Nel discorso, Ishiba ha anche lamentato il fatto che la Russia sia intervenuta nella guerra civile ucraina (definita invasione russa di quel Paese da parte del premier).
Presente ai lavori dell’assemblea dell’ONU anche il ministro degli Esteri, Takeshi Iwaya, il quale ha ribadito che, almeno per il momento, il Giappone non ha intenzione di riconoscere lo Stato palestinese.
La questione palestinese è stata affrontata anche nell’incontro, avvenuto ai margini dei lavori dell’assemblea, tra Ishiba ed il principe della Corona kuwaitiano Sabah al Khaled al Hamad. I due hanno convenuto circa una generica ricerca della soluzione dei due Stati.
Giovedì Iwaya ha dichiarato che il Sol Levante potrebbe compiere “nuovi passi” qualora Israele, come per altro fa dal 1948, ponga ulteriori ostacoli alla soluzione dei due Stati.
In Corea del Sud, ma con effetti che potrebbero riverberarsi anche in Giappone, lo scorso 23 settembre, è stata arrestata Hak Ja Han, presidentesse della Federazione della Famiglie per la Pace Mondiale e l’Unificazione, meglio nota come Chiesa dell’Unificazione, con l’accusa di aver violato la legge che regola i finanziamenti alla politica. L’esponente del movimento religioso avrebbe consegnato ad un collaboratore dell’ex Presidente Yoon (il deputato Kwon Seong-dong) oltre 100 milioni di won (poco più di 60.000 euro) nonché borse ad altri beni di lusso alla moglie del deposto capo di Stato.
Circa i rapporti con la Cina, giovedì scorso, incontrando a Tokyo una delegazione di parlamentari di Taiwan guidati da Han Kuo-yu, presidente dello Yuan Legislativo, Taro Aso ha definito l’isola “una nazione che condivide valori fondamentali con il Giappone. Guardando in giro per il mondo ci sono sempre meno nazioni che condividono questi valori”.
“Non è la prima volta che un politico giapponese lancia provocazioni sulla questione di Taiwan. Tale comportamento costituisce una grave violazione del principio di una sola Cina e dei principi guida dei quattro documenti politici tra Cina e Giappone nonché una grave ingerenza negli affari interni della Cina. Lo deploriamo fermamente e ci opponiamo a tale comportamento ed abbiamo protestato con il Giappone attraverso i canali diplomatici. Esiste una sola Cina al mondo e Taiwan è una parte inalienabile del territorio cinese. Questo è il vero status quo al di là dello Stretto di Taiwan. La Dichiarazione del Cairo e la Proclamazione di Potsdam affermavano esplicitamente che tutti i territori che il Giappone aveva sottratto alla Cina, come Taiwan e le Isole Penghu, sarebbero stati restituiti alla Cina. Questa è una componente importante dell’ordine internazionale del dopoguerra. Taiwan è una provincia della Cina e non è mai stata uno Stato. […] Il Giappone ha responsabilità storiche nei confronti del popolo cinese sulla questione di Taiwan e dovrebbe agire con la massima prudenza. Esortiamo il Giappone a rispettare i principi e lo spirito dei quattro documenti politici tra Cina e Giappone, a gestire adeguatamente le questioni relative a Taiwan, ad agire in base al suo impegno di “comprendere e rispettare pienamente” il fatto che “Taiwan è una parte inalienabile del territorio della Repubblica Popolare Cinese” e ad interrompere le interazioni ufficiali con Taiwan. Il Giappone non deve provocare o intraprendere alcuna mossa pericolosa sulla questione di Taiwan e non deve sottovalutare la ferma determinazione, la volontà e la capacità del popolo cinese nel difendere la sovranità nazionale e l’integrità territoriale” ha risposto, da Pechino, il Portavoce del Ministero degli Esteri della Repubblica Popolare Cinese, Guo Jiakun.
In ambito militare, secondo quanto raccontato dal periodico comunista Akahata, Jano Jaden Edwin, soldato statunitense che, lo scorso settembre, ha ucciso, alla guida, un motociclista giapponese di 22 anni nella città di Yokosuka è stato condannato, in maggio, ad un anno e sei mesi di carcere con pena sospesa per quattro anni è stato rimandato in patria come per altro anticipato dalla difesa del militare nel corso del dibattimento.
Subito dopo l’incidente, provocato da un’imperizia del militare, Janos denunciò l’accaduto alla polizia militare statunitense e non a quella nipponica e ciò sarebbe, stando alle parole del condannato, espressamente richiesto dalle autorità militari a stelle e strisce nonostante, per fatti estranei al servizio, lo Status of Forces Agreement (in sigla SOFA, l’accordo che regola la presenza militare statunitense nell’Arcipelago) preveda l’opposto anche e soprattutto perché la custodia sotto le autorità nipponiche renderebbe per l’imputato impossibile occultare delle prove.
Il militare, inoltre, ha potuto continuare a guidare nonostante, in casi del genere, la sospensione della patente sia la norma, in virtù dei permessi di guida previsti dall’articolo 10 del SOFA e non revocabili dalle competenti autorità nipponiche.
La famiglia della vittima aveva chiesto che la pena non fosse sospesa ed il rimpatrio del militare crea ostacoli anche alla causa civile intentata dai familiari che dovranno adesso rintracciarlo (per altro l’articolo 18 del SOFA esonera gli Stati Uniti dai risarcimenti per crimini commessi da militari non in servizio).
“Anche se un processo penale in cui l’imputato è un soldato statunitense si conclude con un verdetto di colpevolezza con sospensione della pena, ciò non ha senso se l’imputato viene rimandato in patria. Il verdetto sarà sprecato. Lo scopo di una pena sospesa è quello di dare a una persona che normalmente verrebbe condannata al carcere l’opportunità di reinserirsi nella società. Se venisse rimpatriata nel suo Paese d’origine, tale opportunità andrebbe persa. Se commettesse un altro reato in Giappone, vi è un’alta probabilità che la pena sospesa venga revocata, ma se commettesse un altro reato all’estero, verrebbe processata secondo le leggi del Paese straniero e la pena sospesa in Giappone non verrebbe presa in considerazione. Diventa inoltre difficile per le vittime ottenere un risarcimento danni. Diventa difficile conoscere la posizione della controparte, sapere, ad esempio, dove inviare la causa e convincerla a pagare il risarcimento.
La politica statunitense di rimpatriare i soldati statunitensi condannati con la sospensione condizionale della pena nei propri Paesi d’origine è incentrata esclusivamente sulla protezione di questi soldati e non mostra alcuna considerazione per le vittime. Le vittime di crimini commessi dai soldati statunitensi ad Okinawa ed altrove hanno sofferto difficoltà simili per molti anni. Il governo giapponese, in quanto governo di una quanto nazione sovrana, dovrebbe esigere che l’esercito ed il governo statunitensi si sottomettano alla giustizia giapponese” ha commentato l’avvocato specializzato in questi crimini, Shinsuke Nakamura.
Sempre in campo militare, un gruppo di parlamentari eletti ad Okinawa ha chiesto, il 26 settembre, al Ministero della Difesa, fondi per il contrasto delle contaminazioni di PFAS nei pressi della base statunitense di Kadena anche dopo il 2026 quando il dicastero dovrebbe terminare di sovvenzionare la depurazione delle acque nel comune di Chatan.
Il giorno precedente, presso lo spazio concerti di Hibiya a Tokyo, in 2.200 hanno manifestato per chiedere di fermare l’aumento delle spese militari e di destinare quel denaro al welfare. A convocare la manifestazione sono stati alcuni sindacati come l’Associazione dei Medici dell’Assicurazione Sanitaria e la Federazione Giapponese dei Sindacati dei Lavoratori della Sanità.
In economia, le previsioni sulla crescita contenute nel rapporto OCSE pubblicato martedì scorso, hanno rivisto al rialzo, dello 0,4%, le prospettive di crescita del Sol Levante per il 2025 per un totale stimato dell’1,1%. Secondo l’istituto con sede a Parigi, la crescita calerà allo 0,5% nel 2026.
In ambito salariale, gli stipendi reali di luglio sono calati dello 0,2% rispetto allo stesso mese del 2024. I salari nominali, inclusi gli straordinari, sono saliti del 3,4%, per una media pari a 416.744 yen, ma l’inflazione, per lo stesso mese, è stata del 3,6%.
Nell’auto, Nissan Motor ha sospeso la produzione, effettuata nello stabilimento posseduto dalla società nella Prefettura di Tochigi, del modello elettrico Ariya destinato al mercato statunitense a fronte della scarsa domanda e dei dazi imposti dal governo Trump.
Chiudendo con l’acciaio, Nippon Steel ha annunciato, giovedì scorso, che investirà circa 300 milioni di dollari in due impianti della, recentemente acquisita, U.S. Steel. L’investimento è parte dell’impegno da 11 miliardi di dollari assunto dalla società giapponese al momento dell’acquisto dell’azienda statunitense.
(con informazioni di fmprc.gov.cn; nipponsteel.com; cdp-japan.jp; jcp.or.jp; mainichi.jp)

