In queste settimane si è conclusa la raccolta firme per la Proposta di legge contro la propaganda fascista e nazista. Si è trattato di un’iniziativa che ha mobilitato, nonostante la pandemia, diverse decine di migliaia di persone.
L’iniziativa promossa
Il promotore della mobilitazione è il Sindaco di Stazzema (provincia di Lucca), già noto per aver promosso l’Anagrafe Antifascista Nazionale, nel 2018.
Le attività si sono coordinate principalmente tramite un gruppo Facebook e specialmente nei primi mesi del 2021 ci sono state numerose realtà che, territorialmente, hanno promosso appuntamenti di raccolta, offrendo un’alternativa alla cittadinanza, che altrimenti si sarebbe dovuta recare presso gli uffici comunali in orario di lavoro.
Almeno a livello toscano sono state eterogenee le realtà attive su questo fronte (di partito, associative o sindacali). Hanno contribuito alla riuscita della campagna, superando abbondantemente le 50.000 firme necessarie (è ancora presto per sapere se sono state triplicate o quale sarà il risultato effettivo).
Non è unanime il giudizio nel vasto e frammentato mondo degli antifascismi e delle sinistre.
Alcune perplessità si legano all’efficacia dello strumento, ricordando l’esito di altre iniziative che hanno scelto di puntare a questo istituto legislativo. Altre riguardano l’azione di supporto svolta dal Partito Democratico, a cui appartiene lo stesso promotore della campagna.
Sui social sono apparsi gli immancancabili commenti sull’opportunità di occuparsi dell’estrema destra nel 2021, mentre imperversa la Covid-19 (“c’è ben altro da fare”). Meno diffusa sembra essere stata la voce di chi ha accusato la raccolta di favorire la diffusione di SARS-CoV-2. Forse perché la visibilità dell’iniziativa non è stata alta, all’interno sistema di informazione nazionale.
Per utilizzare la locuzione del “senno di poi”, tutte i rilievi riepilogati fino a questo punto possono essere comunque considerati superati. La proposta di legge ha intercettato un’esigenza reale ed è riuscita.
Alla domanda “e ora?” è opportuno che risponda primariamente chi in questi giorni sta verificando le firme raccolte e semmai ci sarà occasione di tornare sul punto.
Una firma particolare
Il titolo di questo articolo parte da un episodio vissuto direttamente, mentre stavo aiutando a raccogliere le firme in uno dei numerosi appuntamenti organizzati a Firenze.
Finito di apporre la sua sigla sul modulo, una persona ha voluto aggiungere alcuni commenti al suo gesto: soddisfazione per essere riuscita a dare il suo contributo (nonostante la crisi sanitaria), amarezza per il fatto che ancora ci sia mercato per la propaganda nazifascista, consapevolezza dei crimini del comunismo. Il padre era stato partigiano, si definiva comunista, ma non era comunista, perché non aveva commesso gli orrori di cui ogni estremismo del ‘900 si è macchiato.
Si è trattato di un episodio esemplificativo? Non è assolutamente detto. Però mi pare funzionale per ipotizzare una particolare efficacia delle destre nell’esercitare un’egemonia culturale nell’immaginario di larga parte della popolazione italiana, arrivando a sostituire la falce martello alla svastica.
Sono quasi scomparse le generazioni che hanno vissuto direttamente la Resistenza, capaci di diradare ogni ombra revisionista e negazionista con la forza della testimonianza. Certo, si sono costruite liturgie e rituali, talvolta si è svuotata la stessa parola della Resistenza. Però ci si muoveva al fianco di chi aveva vinto, nel Paese, la Seconda guerra mondiale. Non l’Italia monarchica, colonizzatrice e fascista, ma quella della Repubblica, impegnata a riscattare un intero popolo attraverso la Costituzione. Si trattava in parte di miti, ma partivano da una base di realtà fatta di esili, persecuzioni, lotte, sacrifici, miseria. Il Movimento Sociale Italiano e l’apparato dello Stato nato all’ombra dei fasci littori avevano un loro spazio, ma con difficoltà emergevano da una condizione di marginalità pubblica.
Oggi l’estrema destra ha saputo ridare forza al suo vittimismo pieno di false lacrime, con cui racconta di non avere alcuna agibilità, rinnovando la sua capacità di affascinare anche le nuove generazioni.
Una questione di anticomunismo
L’attuale situazione presenta delle particolari novità rispetto al passato? Sicuramente in relazione al tema dell’anticomunismo.
Ci sono alcuni casi in cui la falce e martello è guardata con maggiore simpatia da chi oggi ha incarichi di dirigenza nel Partito Democratico, ma viene dal PCI (ormai creatura astratta e legata ai ricordi soggettivi) che da chi nelle piazze scandisce cori anticapitalisti, nelle piazze Fridays For Future, piuttosto che in quelle Black Lives Matters. Già ai tempi della cosiddetta seconda repubblica non era raro sentire i Democratici di Sinistra accusare di anticomunismo il Partito della Rifondazione Comunista. Oggi sembrano aver vinto.
Al di fuori dei circuiti militanti se si parla di comunismo, non poche persone pensano al centrosinistra. Perché il resto è considerato irrilevante, quando non ridicolo.
In una situazione del genere non è quindi strano che il Giorno del Ricordo abbia permesso di produrre una sovrapposizione tra comunismo e “gente slava” (sul tema non ripeto quanto già scritto qui). I crimini di Stalin, gli orrori delle foibe, lo straniero con al fianco la fiaschetta di vodka: tutto concorre a liquidare due secoli di storie con un’unica immagine stereotipata, marginale nell’evolversi delle vicende del nostro Paese.
La Resistenza non è stata solo comunista. Ma si può davvero togliere il comunismo italiano dalla Resistenza?
Chi scrive questo articolo è profondamente convinto che si possa essere antifasciste e antifascisti senza essere comuniste e comunisti. Al contempo sarebbe necessario riconoscere che dovrebbe essere impossibile essere antifasciste e antifascisti ritenendosi anticomuniste e anticomunisti, almeno in Italia. Chi ci rinuncia cede alla strategie dell’estrema destra.
Ecco perché non basta una firma per l’antifascismo. Perché a Genova, in consiglio comunale, è passata la proposta (provocatoria) di un’anagrafe anticomunista e antifascista. Perché alle destre non interessa, in larga parte dei casi, rivendicare di potersi dire fasciste e fascisti. Non è questa la fase.
Un appendice
Ci sarebbe poi da affrontare un altro capitolo. L’anticomunismo non può appartenere all’antifascismo e alle sinistre, ma anche le diverse soggettività che si definiscono comuniste dovrebbero abbandonare quella frase da “Cinema di Menare” che più o meno suona così: non sono di sinistra, sono comunista. Credo di averla pronunciata qualche volta e penso ancora non ci sia nulla di male a esprimerla con leggerezza, tra una chiacchiera su Guerre Stellari e una sull’ennesima sconfitta della nazionale italiana di rugby. Diventa un problema quando si allarga in contesti più seri. Anche perché il rossobrunismo esiste e ogni ambiguità dovrebbe essere evitata.
L’antifascismo ha ancora un suo significato, riconosciuto nella società italiana. In modo parziale la proposta di legge contro la propaganda fascista e nazista lo ha ricordato.
Andrebbe conservato e curato, evitando di logorarlo per compensare le debolezze elettorali e il vuoto di proposta per il futuro.
L’attenzione dovrebbe rivolgersi sulle cause per cui ancora oggi ha un suo spazio il fascismo, che ha saputo adattarsi al XXI secolo italiano meglio di quanto abbia fatto il comunismo.
Dettaglio di una foto di Leonardo Lenz, da wikimedia.org
Classe 1988, una laurea in filosofia, un dottorato in corso in storia medievale, con diversi anni di lavoro alle spalle tra assistenza fiscale e impaginazione riviste. Iscritto a Rifondazione dal 2006, consigliere comunale a Firenze dal 2019.