Hanno pagato subito quasi 6 milioni di multa, che evidentemente possedevano, i tre “imprenditori” agricoli che in Val di Cornia facevano lavorare nei campi per 15 ore consecutive centinaia e centinaia di lavoratori italiani e rumeni privi di alternative, per una paga oraria di due euro e mezzo, naturalmente senza contratto e senza alcuna copertura assicurativa.
Davvero emblematica l’inchiesta condotta dai finanzieri e dalla procura di Livorno in uno dei comprensori agricoli più importanti della Toscana, dove lo sfruttamento era la regola, con minacce e soprusi quotidiani.
I verbali notificati dalla Guarda di Finanza all’INPS sono una valanga: “Stiamo parlando – spiega il capitano Antonino Ingrasciotta, comandante dei finanzieri di Piombino – di circa 900 posizioni irregolari. Non è possibile quantificare esattamente quanti, perché molti di loro venivano licenziati da uno dei tre indagati, e poi richiamati al lavoro dagli altri, nel giro di poche settimane”.
I braccianti italiani, terminato il turno di lavoro, tornavano a casa. Gli stranieri invece erano costretti a vivere in casolari diroccati all’interno delle stesse aziende agricole, con l’affitto che veniva decurtato dalla paga, senza acqua e senza corrente. “Condizioni davvero aberranti”, tira le somme il capitano Ingrasciotta.
Non appena ricevuti gli avvisi di garanzia, con le indagini penali ancora in corso, i tre “imprenditori” hanno immediatamente pagato le sanzioni già contestate da GdF e INPS per le violazioni amministrative in materia di lavoro riferibili a 854 rapporti di impiego, oltre a ulteriori 283 sanzioni per infedeli registrazioni sul Libro Unico del Lavoro.
Constatate inoltre anche violazioni in materia fiscale, con redditi non dichiarati per oltre 2 milioni di euro, e omessi versamenti di IVA e altre imposte per circa 600mila euro.
Infine i tre sono stati denunciati anche per truffa aggravata ai danni dello Stato e dell’Unione europea, da cui arrivano finanziamenti nel quadro della Politica Agricola Comune.
Da Giovanni Mininni, segretario generale della FLAI CGIL, e Michele Rossi, segretario generale FLAI CGIL Livorno, un commento amaro: “Episodi come questi evidenziano l’estensione del fenomeno dello sfruttamento e caporalato, da nord a sud, passando per regioni simbolo dell’eccellenza agroalimentare come la Toscana, dove l’agricoltura non è certo una ‘agricoltura povera’”.
Giornalista de il manifesto, responsabile della pagina regionale toscana del quotidiano comunista, purtroppo oggi chiusa. Direttore di numerosi progetti editoriali locali, fra cui Il Becco.