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Protestas_en_Chile_20191022
Marzo 30, 2020

Cile, una situazione sociale esplosiva e il Covid-19

Alessandro Zabban Internazionale

Dopo mesi di proteste contro il caro vita e le politiche neoliberiste del governo, ancora nella prima metà di marzo le mobilitazioni popolari in Cile sono state massicce. Nel “Super Lunedì” (2 Marzo) migliaia di persone sono scese in piazza in varie città del paese per chiedere le dimissioni del premier Sebastian Piñera, mentre l’8 e il 9 erano oltre due milioni i cileni che hanno sfilato intonando slogan femministi e antigovernativi. Ma le manifestazioni sono continuate con vigore anche nei giorni successivi, fra l’11 e il 13 marzo, durante le celebrazioni per i 30 anni del ritorno del paese alla democrazia, democrazia che secondo i dimostranti non si è però mai pienamente attuata nel paese.
Le modalità autoritarie e spietate di gestione dell’ordine pubblico hanno del resto profondamente minato l’immagine del Cile come democrazia matura. Dopo numerosi tentennamenti, la commissione ONU per i diritti umani è arrivata in Cile e ha dovuto riconoscere che i famigerati carabineros hanno commesso numerose violazioni dei diritti umani, fra cui stupri e torture[1]. Mentre si sta investigando sulla possibilità che molti degli oltre 30 deceduti nel contesto delle proteste[2] siano stati assassinati volontariamente dalla polizia, il report delle Nazioni Unite parla anche di uso sproporzionato della forza, come dimostrano in maniera emblematica le almeno 445 persone che hanno sofferto danni oculari per i proiettili di gomma sparati indiscriminatamente dalla forze dell’ordine[3].

La repressione feroce, nell’ambito dello stato di eccezione decretato dal governo, ha del resto caratterizzato fin dall’inizio le proteste, innescate dalla decisione presa il 14 ottobre scorso di aumentare il costo del biglietto della metropolitana a Santiago, il secondo incremento nelle tariffe in pochi mesi. Si è trattata della classica goccia che ha fatto traboccare il vaso di una situazione sociale quasi insostenibile: il Cile pur essendo uno dei paesi del Sudamerica più ricchi, è anche fra i più diseguali al mondo ed è caratterizzato da un sistema sanitario ed educativo incentrato su un modello privatistico che impedisce l’accesso a servizi di qualità alla maggioranza della popolazione.
Dai tempi di Pinochet, il Cile è stato teatro dell’applicazione di ricette neoliberiste che hanno portato a una concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi miliardari mentre la maggior parte della popolazione è costretta a barcamenarsi in una situazione di perenne precarietà fra salari bassi e il costo della vita in costante aumento[4]. “Non sono 30 centesimi, sono 30 anni”, diventa così il motto che inquadra storicamente il malcontento nella continua erosione dei diritti sociali del popolo cileno che ora promette: “il neoliberismo è nato in Cile e morirà in Cile”.

Non stupisce allora che i manifestanti non si siano accontentati della revoca dell’aumento del biglietto della metropolitana che Piñera ha concesso per calmare la situazione. Anzi, via via che la repressione governativa si faceva più violenta, le proteste sono cresciute in intensità e in coinvolgimento, portando in piazza milioni di cileni. Messo alle strette, il governo ha dovuto fare ulteriori concessioni. Piñera, pur non rassegnando le dimissioni, ha indetto un plebiscito per il 26 di aprile sulla stesura di una nuova carta costituzionale, che superi quella attualmente in vigore, residuo ingombrante della dittatura e da anni contestata dai movimenti sociali e dalle forze di sinistra. I quesiti referendari sono due: i cittadini sono innanzitutto chiamati a scegliere se vogliono una nuova Costituzione e, se si dichiarano favorevoli, devono anche indicare se preferiscono che venga istituita una assemblea costituzionale formata interamente da rappresentanti eletti tramite una specifica elezione popolare o se prediligono una assemblea mista, con metà dei membri eletti direttamente e l’altra metà formata dagli attuali parlamentari in carica[5].
Con i sondaggi che mostrano una netta propensione in favore di una nuova Costituzione[6], i principali movimenti e partiti della sinistra si sono schierati per una Assemblea interamente popolare, rimarcando come il Parlamento attuale abbia perso la fiducia del popolo e che quindi non abbia sufficiente legittimità per partecipare alla stesura di una nuova Costituzione. Si chiede inoltre che l’Assemblea sia un organo rappresentativo di ogni minoranza, compresa quella della popolazione Mapuche.

La convocazione di questo plebiscito segna un passaggio fondamentale nella storia recente del Cile. Per la prima volta c’è la possibilità di rompere significativamente con un modello di Stato, autoritario e neoliberista, diretta emanazione dell’era Pinochet. Ma che le proteste siano continuate lungo tutta la prima parte di marzo, non deve stupire. Per molti, la nuova carta costituzionale, non è che la punta dell’iceberg: la popolazione vuole anche risposte concrete a problemi oggettivi come l’impossibilità di pagarsi le cure mediche, le barriere nell’accesso a una istruzione di qualità, il caro vita: tutti aspetti che la nuova Costituzione potrebbe ridefinire idealmente ma non soddisfare direttamente, soprattutto se al potere rimarrà Piñera. Per molti cileni, continuare a far sentire la propria voce in piazza, resta dunque fondamentale.

A sconvolgere questo quadro, caratterizzato da una mobilitazione sociale quasi permanente e dai preparativi per la campagna elettorale in vista del referendum, ci ha pensato la pandemia di Covid-19, che si sta diffondendo rapidamente in tutto il Sud America e che ha spinto il governo a spostare il referendum ad ottobre, oltre ad adottare altre misure di contenimento come la chiusura delle scuole e il lockdown della capitale Santiago.
Difficile per ora dire se questa situazione permetterà al governo di stemperare una situazione politica al limite della rottura sociale oppure se, una volta finita l’emergenza, la probabile recessione soffierà ancora di più sul malcontento diffuso. La sensazione è che il conflitto sia solo in stand-by e che le mobilitazioni cilene continueranno a rappresentare il simbolo della crisi planetaria del modello neoliberista.


  1. https://www.ohchr.org/en/NewsEvents/Pages/DisplayNews.aspx?NewsID=25423&LangID=E ↑

  2. https://www.reuters.com/article/us-chile-protests/violence-resurges-in-protest-racked-chile-nearly-300-arrested-idUSKBN20Q1QD ↑

  3. https://www.telesurenglish.net/news/chile-indh-updates-figures-of-injured-and-detained-protesters-20200218-0021.html ↑

  4. https://web.archive.org/web/20200229190253/https://nacla.org/news/2020/02/24/chile-struggle-democratize-state-plebescite ↑

  5. https://www.telesurtv.net/news/chile-elecciones-boleta-nueva-constitucion-20200217-0034.html ↑

  6. https://www.telesurtv.net/telesuragenda/claves-entender-referendo-constitucional-chile-20200226-0011.html ↑

Immagine di Carlo Figueroa (dettaglio) da Wikimedia Commons

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Alessandro Zabban

Nato nel 1988 a Firenze, laureato in sociologia. Interessi legati in particolare alla filosofia sociale, alla politica e all’arte in tutte le sue forme.

archivio.ilbecco.it/autori/itemlist/user/933-alessandro-zabban.html
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