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Ottobre 19, 2019

Dopo “Il caso Spotlight”, anche Ozon denuncia la pedofilia nella Chiesa

Tommaso Alvisi Film della settimana

È arrivato un po’ tardi Francois Ozon? Questa è la domanda che aleggia su questo progetto. La risposta è nì. Bisogna riconoscere al regista francese grande passione e grande coraggio. Bisogna dire però che è arrivato secondo. “Il caso Spotlight” (vedi qui), premiato con gli Oscar come miglior film e sceneggiatura nel 2016, infatti è stata la pellicola che ha cambiato questo filone. Anche se, va detto, sono la stessa vicenda narrata in due situazioni e culture diverse: Spotlight era ambientato a Boston, qui invece siamo a Lione. L’idea di un documentario era irrealizzabile, perché le vittime di Bernard Preynat non avrebbero accettato di raccontare pubblicamente gli abusi subiti. Per le loro famiglie sarebbe stato un vero trauma. Ma a differenza di Hollywood che in questi casi cambia i nomi, il regista francese ha voluto mantenerli per rafforzare la sua idea di cinema e per creare il massimo realismo.

Ozon (non scordiamoci che è ateo e omossessuale) arriva a parlarci di un tema scottante e attuale come la piaga della pedofilia che ha scosso la Chiesa francese tra il 2014 e il 2016, in una modalità che evita di fatto sia la retorica sia il documentario. Ovvero attraverso la ricostruzione dell’ottica di persone che hanno subito gli abusi. Dopo aver trattato temi come la prostituzione in Giovane e bella, l’identità sessuale in Una nuova amica, ecco un altro tema scottante. Durante la presentazione alla “Berlinale” a febbraio, il film si chiudeva con un cartello che raccontava di un verdetto ancora tutto da scrivere. Fortunatamente, nel momento dell’uscita in sala, l’opera è stata aggiornata: la scorsa primavera c’è stata la svolta nel processo (per non rivelare il finale lascio a voi scoprire la verità dei fatti).

Il film racconta la storia di Alexandre (Melvil Poupaud), un uomo cattolico, con moglie e figli, che viene a sapere casualmente che Bernard Preynat è ancora al suo posto e lavora con i bambini. L’uomo aveva abusato di lui a Lione, quando Alexandre faceva il boyscout da adolescente. Tuttavia il tono è totalmente diverso da “Spotlight” che virava soprattutto sul rapporto tra giornalismo, etica e Chiesa. Già dal titolo si avverte una forma di violenza conservatrice. Come ha rivelato il regista, infatti, “le gerarchie ecclesiastiche e l’avvocato del sacerdote hanno provato a bloccare l’uscita del film. Fino a due giorni prima non sapevamo se sarebbe uscito al cinema”. Ozon ha girato l’opera su un set sotto falso nome per depistare i curiosi. In Francia la frase “grazie a Dio” la ricordano in diversi: il pubblico avrebbe scoperto subito di che cosa trattava il film.

Da noi il titolo è una frase benevola che starebbe per menomale. Ma nel film è detta dal cardinale Philippe Barbarin e ha un tono profondamente diverso. L’arcivescovo di Lione è finito in tribunale per l’accusa di omessa denuncia di un caso di pedofilia riguardante un prete della sua diocesi. Il cardinale si traveste da Silvio Berlusconi e si lascia andare con un “grazie a Dio i reati sono quasi tutti caduti in prescrizione”. Il titolo esprime tutta l’arroganza e l’ipocrisia del potere ecclesiastico, soprattutto intenso come politico-temporale più che spirituale. Pensate che anche nell’ordinamento giuridico italiano la pedofilia viene prescritta dopo 10 anni dall’inizio delle indagini.

Oltre ad Alexandre, agiranno anche altre due vittime: François (Denis Ménochet) e Emmanuel (Swan Arlaud). Presto scopriranno che Preynant è recidivo ed è stato accusato di abusi da almeno 70 parrocchiani. I tre fonderanno “La Parole Libérée”, un’associazione per lottare contro prescrizione, immobilismo e il muro di omertà issato dall’istituzione ecclesiastica. Ognuno rappresenta una voce diversa dal coro: Alexandre si affida ancora alla famiglia e alla religione cattolica, nutrendo dubbi sulle gerarchie; François ragiona più di pancia ed è rabbioso e voglioso di vendetta; infine Emmanuel, per il trauma, non riesce a costruirsi una vita e una famiglia. Ognuno rappresenta un’anima facilmente riconoscibile all’interno della società. Sembra di rivedere lo stile narrativo di “Zodiac” di David Fincher: se vi ricordate, il serial killer sfidava una coppia di detective, oltre a un giornalista in cerca di scoop e un frustrato vignettista appassionato di codici ed enigmi.
Ma la cosa più importante del film è un soggetto e la sua ambiguità: il silenzio. La sua rappresentazione ha una duplice funzionalità nella storia: perdonare è una sorta di sollievo agli altri e a noi stessi, ma allo stesso tempo significa “silenziare” la questione. Secondo Ozon, la Chiesa ha speculato troppo, manipolando di fatto il concetto di silenzio.

Perché, per ammissione del regista, “Grazie a Dio” non è un film contro o sul cattolicesimo, ma un film “umanistico”, sull’uomo e le sue fragilità. Ma è anche e soprattutto una storia sulla fragilità maschile, sulla mancanza di sicurezze. Dopo diverse pellicole sulle donne, stavolta Ozon parla degli uomini. Il punto di vista femminile nel film assume le fattezze di persone che ascoltano e con cui i partner condividono i problemi del passato. Ozon finalmente rompe un clichè: al cinema l’uomo rappresenta spesso l’azione e la donna il pensiero, i sentimenti. Il regista francese rovescia quest’aspetto. Ozon sceglie di stare in disparte, di non osare troppo, di seguire i personaggi con grande rispetto senza inveire contro nessuno. “Un film per la Chiesa, non contro la Chiesa”. Il dibattito è volutamente aperto. La nuova Chiesa di Papa Francesco dovrà seguire queste voci e agire. Non è il miglior film di Ozon, ma un’opera sensibile, profonda, attuale e necessaria. Orso d’Argento al Festival di Berlino 2019.

FONTI: Comingsoon, Cinematografo, Mymovies, L’Espresso

Regia  ***1/2   Interpretazioni ***1/2   Sceneggiatura ***1/2   Fotografia ***1/2  


GRAZIE A DIO  ***1/2
(Francia 2019)
Genere: Drammatico
Regia e Sceneggiatura: Francois Ozon
Fotografia: Manuel Dacosse
Cast: Melvil Poupaud, Denis Menochet, Bernard Verley, Eric Caravaca, Francois Marthouret
Durata: 2h e 17 minuti
Distribuzione: Academy Two
Uscita: 17 Ottobre 2019
Orso d’Argento alla Berlinale 2019
Trailer qui
Intervista a Francois Ozon
La frase: Grazie a Dio i reati sono quasi tutti caduti in prescrizione


Immagine da www.ilfattoquotidiano.it

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Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

archivio.ilbecco.it/autori/itemlist/user/2754-tommaso-alvisi.html
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