Considerati i recenti avvenimenti che hanno coinvolto e continuano a coinvolgere i kurdi presenti sul confine turco-siriano, abbiamo voluto approfondire la situazione che riguarda il popolo kurdo che vive in quelle zone, proponendo un’intervista a Erdal Karabey, Presidente Coordinamento Toscana per il Kurdistan.
Com’è la situazione nelle zone bombardate della Turchia?
La zona settentrionale della Turchia, il Rojava, sta vivendo un momento molto drammatico. La popolazione civile vive quotidianamente sotto i bombardamenti messi in atto dall’esercito turco e sotto gli attacchi incessanti dell’Isis che incendia interi villaggi.
Secondo te quale è l’interesse principale di Erdogan che ha dato avvio a questa carneficina (denominata “Operazione Ulivo”) nel Kurdistan al confine tra Siria e Turchia?
Dopo il 2015, in seguito alla lotta che il popolo kurdo ha sostenuto contro l’Isis per la liberazione di Kobane, l’opinione pubblica mondiale ha iniziato a guardare il popolo kurdo con maggiore interesse e coinvolgimento. Erdogan si è sentito a questo punto minacciato ed ha risposto, da un lato bombardando la città di Afrin, e dall’altro facendo arrestare 11.000 tra politici, professori, giornalisti, intellettuali e oppositori in genere. Il modello di organizzazione sociale e politica messo in atto dalla popolazione kurda, prima a Kobane e poi nel Rojava, rappresentava infatti una minaccia per un governo dittatoriale come quello di Erdogan.
L’esperienza di convivenza e collaborazione delle varie etnie in Rojava metteva in pericolo gli interessi e gli equilibri politici e economici della Turchia.
L’“Operazione Ulivo” è stata quindi, a mio avviso, una reazione di Erdogan al timore che si raggiungesse il riconoscimento internazionale del popolo kurdo.
Cosa stanno facendo i Kurdi per rispondere agli attacchi del governo turco?
Il popolo kurdo ha richiamato l’attenzione di tutto il mondo sulla connivenza del governo turco con l’Isis. Con la solidarietà della popolazione civile europea si vuole rompere il silenzio dei governi europei sul genocidio che il governo turco sta portando avanti contro il nostro popolo.
YPG (Protezione Uniti Popolari) e YPJ (Protezione Uniti Donne) internazionalisti stanno combattendo contro Isis e regime turco per difendere la popolazione dagli attacchi e dai bombardamenti dell’“Operazione Ulivo”.
Anche pochi giorni fa Erdogan ha chiesto al vertice Nato di considerare i combattenti kurdi dello YPG e delle YPJ (il reparto femminile) come terroristi. Nonostante i riflettori puntati di appena tre anni fa sulle milizie kurde che hanno combattuto contro l’Isis, sembra che ad oggi non sia cambiato niente per quanto riguarda il riconoscimento identitario di questo popolo. Pensate che il contributo delle grandi potenze (USA e Russia) sia necessario per il miglioramento della situazione geo-politica che stanno vivendo i kurdi turco-siriani?
Il popolo kurdo è riuscito da solo a liberare dall’Isis, prima Kobane e poi il Rojava. Per fermare i bombardamenti turchi e il massacro che stiamo subendo però c’è bisogno dell’intervento della società internazionale. Pensiamo infatti che sia necessario l’intervento della NATO e delle grandi potenze come USA e Russia per risolvere questa drammatica situazione che stiamo vivendo oggi e per arrivare finalmente al riconoscimento identitario del nostro popolo.
Pensi che il ritiro delle truppe statunitensi sul fronte siriano sia stato in qualche modo determinato dalle pressioni della Turchia di Erdogan nei confronti dell’alleato a stelle e strisce o che comunque ci siano dietro altri interessi politico-diplomatico-economici?
Senza ombra di dubbio ci sono interessi politici e economici dietro alla decisione degli USA di ritirare le proprie truppe dal fronte siriano. Quello di cui gli USA avevano bisogno infatti era avvicinarsi al governo turco per migliorare le relazioni economiche. La Turchia aveva infatti appena siglato un accordo con la Russia per il commercio delle armi. D’altro canto gli USA hanno tutto l’interesse a mantenere una situazione di instabilità nella regione per poter conservare un ruolo di controllo e indebolire il modello sociale democratico-confederale creato dal popolo kurdo.
Quali sono i capisaldi del Confederalismo Democratico e quale è il suo principale progetto/obiettivo?
Il Confederalismo Democratico si fonda su principi di uguaglianza, di rispetto dei diritti fondamentali delle persone, la parità di genere, la libertà di religione e non ultimi principi di ecologia per il rispetto e la salvaguardia del mondo che ci circonda. L’obiettivo è quello di vivere in pace con tutte le etnie presenti nella regione e che le decisioni non vengano calate dall’alto ma partono dal basso rispondendo alle esigenze di una società civile responsabile ed attiva.
Cosa dovrebbe fare la comunità internazionale per mettere fine alla violenza indiscriminata portata avanti dal governo di Erdogan?
Dovrebbe intervenire immediatamente bloccando la vendita di armi e gli accordi economici con il governo turco. L’Unione Europea dovrebbe infatti rispettare i principi basilari su cui è fondata fermando la violenza messa in atto dal governo di Erdogan ai danni del popolo kurdo. La Nato, essendo la Turchia uno dei suoi membri, ha l’obbligo di intervenire perché altrimenti è complice di quello che la Turchia sta facendo contro il nostro popolo.
Come si sta muovendo la “Mezzaluna Rossa Kurdistan” per fronteggiare la situazione?
Stiamo continuando a raccogliere fondi da inviare alla popolazione civile che si trova nei campi nel Rojava per fronteggiare l’emergenza di cibo, medicinali e materiali di prima necessità causata dal blocco turco. Con l’aiuto delle varie associazioni presenti sul territorio italiano organizziamo manifestazioni ed incontri che ci permettono di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema.
Secondo l’Italia può avere un ruolo determinante per far fronte a questa situazione?
Il popolo italiano è da sempre molto sensibile e solidale alla causa kurda. L’Italia può avere un ruolo determinante: nella misura in cui è uno stato fondato sui principi dell’antifascismo e pertanto può e deve a mio parere lottare contro tutte le forme di fascismo, compresa quella rappresentata dal governo di Erdogan.
Il Pkk è tuttora presente nella “lista nera” del terrorismo internazionale. Come si può agire per far comprendere che il Pkk (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) e il suo leader, Ocalan; ancora detenuto nell’isola-prigione di Imrali, sia una forza di resistenza e non di attacco?
Il Pkk è stato messo nella lista nera solo e soltanto per fare un favore alla Turchia e proteggere così gli interessi economici. Nel 1997 circa 7 milioni di kurdi hanno dichiarato al mondo di essere membri del Pkk. Il Pkk sta portando avanti un’ideologia e una lotta contro il regime di Erdogan in Turchia per arrivare al riconoscimento del popolo kurdo. Quello che chiede è il riconoscimento della propria lingua, della propria cultura, delle proprie tradizioni e rivendica il diritto di vivere in pace con gli altri popoli ed etnie. Ocalan nel 2002 ha scritto un libro da Imrali, isola carcere in Turchia che contiene le basi del Confederalismo Democratico che oggi vengono messe in atto in Rojava e a Bakur e che pian piano dovrebbero e potrebbero essere estese a tutto il Medio Oriente per migliorare la situazione geo-politica.
Quali sono i prossimi eventi e iniziative organizzate dalla Mezzaluna Rossa Kurdistan in Toscana?
Continueremo a organizzare incontri e momenti di confronto e raccolta fondi. Per tutte le informazioni in merito:
www.mezzalunarossakurdistan.org
Facebook: Mezzaluna Rossa Kurdistan Italia Onlus
E-Mail: mezzalunarossacurda@gmail.com
Cordinamento Toscana per il Kurdistan
Erdal Karabey
Immagine da www.flickr.com

Nata a Firenze nel 1988, sono una studentessa iscritta alla magistrale del corso di studi in scienze filosofiche. Mi sono sempre interessata ai temi della politica, ma inizialmente da semplice “spettatrice” (se escludiamo manifestazioni o partecipazioni a social forum), ma da quest’anno ho deciso, entrando a far parte dei GC, di dare un apporto più concreto a idee e battaglie che ritengo urgenti e importanti.