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Marzo 9, 2019

Lars von Trier nell’Inferno dantesco con Jack lo squartatore (2)

Tommaso Alvisi Film della settimana

Un film pazzesco che miscela arte, filosofia, ingegneria, architettura, religione, psicanalisi, l’arte della caccia, la Divina Commedia, la produzione del vino da dessert e il cinema. / La prima parte dell’articolo cliccando qui.

In questa pellicola colpiscono varie cose: la misoginia, il sadismo, il gusto per il macabro, l’indagine sulla stupidità femminile e la frustrazione di una mente malata (quella del protagonista), la banalità delle vittime, ma soprattutto Von Trier li collega constatando che questo mondo ha un maledetto bisogno d’amore. Insomma una caduta negli inferi in piena regola tra l’ironica Hit the road Jack di Ray Charles (che scorre sui titoli di coda), la splendida Fame di David Bowie, mescolati con il pianista Glenn Gould e con le opere di William Blake.

La cosa più particolare di questo film è che ci sono molti momenti comici che cozzano (volutamente) con il tono macabro e horror della vicenda. Perché c’è tanto sangue che non è fino a se stesso: è come se Dante incontrasse un’opera d’arte (confrontate la foto di copertina del primo articolo con La barca di  Delacroix qui in apertura). Jack si confida con il “grillo parlante” Verge (Bruno Ganz, attore recentemente scomparso) che è una sorta di Virgilio della Divina Commedia dantesca. Sono loro con le loro voci fuori campo a guidarci nel «mezzo del cammin di nostra vita» ritrovandosi «per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita».

La fotografia è straordinaria in questo senso e nel (bellissimo) finale raggiunge vette elevatissime. La portata pittorica di questa pellicola vanta vere e proprie pennellate d’autore con una forte dominanza del colore rosso (chissà perché…).

Vi ricordo che Ganz era l’angelo protettore de Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders, ma anche Hitler ne La caduta. Una scelta particolarmente efficace che lega il bene al male. 

Oltre a loro, ci sono le figure femminili. Dopo aver diretto l’artista Bjork, l’emotiva Emily Watson, la forte Nicole Kidman, la fragile Kirsten Dunst e la furiosa musa (e moglie) Charlotte Gainsbourg, questa volta tocca all’iconica “vittima” Uma Thurman (grande interpretazione) che interpreta una “provocatrice” che fa esplodere la misoginia di Jack. Anche qui la scelta non è casuale visto che è stata la musa di Quentin Tarantino in Kill Bill” e Pulp Fiction.  

La casa di Jack è Lars Von Trier allo stato puro che ci parla attraverso i personaggi. La follia dell’ego di un singolo che vuole più spazio nel mondo. Una rilettura dell’opera del nostro Dante che ci riporta (inevitabilmente) all’episodio del Festival di Cannes 2011. Il film è la somma delle opere precedenti: ci sono le luci naturali del Dogma 95, le inquadrature sporche, tremolanti e disturbanti, ma anche gli sbalzi cronologici di Nymphomaniac.

Straordinarie le prove degli attori che Von Trier dirige alla perfezione. Su tutti spicca l’incredibile lavoro di Matt Dillon, noto soprattutto per le commedie demenziali In & Out e Tutti pazzi per Mary. «Per me è stato difficile immedesimarmi in certe sequenze, specialmente quelle in cui le donne che ammazza lo supplicano di non farlo. Poi ho capito che non dovevo giudicarlo dal mio punto di vista di essere umano, non mettere tra me e lui dei filtri intellettuali» – ha detto Dillon a Roma alla presentazione del film alla stampa.

Per essere un capolavoro, a questo film manca solo un po’ di ritmo nella parte centrale. Una decina di minuti in meno avrebbe giovato all’opera. 

La grandezza di Lars Von Trier è che ogni volta spiazza lo spettatore, lo costringe a pensare. I suoi film sono sempre imprevedibili e labirintici, fuori da ogni canone estetico. Ne La casa di Jack il regista danese ridefinisce le regole del cinema pulp con sequenze da antologia (finale compreso). Di questi tempi non è poca cosa.

Se poi avete progettato di andare da uno psicanalista, disdite l’appuntamento e correte al cinema. Ma se trovate un camioncino rosso della Volkswagen con a bordo Matt Dillon, non vi fermate.


La casa di Jack (The house that Jack built)

Paese: Danimarca, Francia, Svezia, Germania, 2018

Genere: Drammatico / Horror / Commedia grottesca

Regia e Sceneggiatura: Lars VON TRIER

Cast: Matt DILLON, Uma THURMAN, Bruno GANZ

Fotografia: Manuel Alberto CLARO

Durata: 2h e 32 minuti la Director’s cut in lingua originale / 2h e 30 minuti la versione doppiata

Produzione: Zentropa e Nordisk Film

Distribuzione italiana: Videa

Uscita italiana: 28 Febbraio 2019

Presentato fuori concorso al Festival di Cannes 2018

Intervista a Matt Dillon su comingsoon.it

La frase cult: Salire su quest’auto con lei potrebbe essere uno sbaglio. Potrebbe essere un serial killer. Scusi ma lei sembra proprio esserlo.


Regia ****

Sceneggiatura ****         

Doppiaggio *** 

Recitazione ****1/2 

Fotografia *****   

Colonna sonora **** 

Film ****


Fonti: Micromega, Corriere della Sera, Comingsoon.it, Videa, Mymovies.it, Cinematografo.it 

Immagine di copertina liberamente ripresa da it.wikipedia.org

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Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

archivio.ilbecco.it/autori/itemlist/user/2754-tommaso-alvisi.html
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