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7 Dicembre 2019

Lo stretto legame tra musica e cinema nell’esordio alla regia di Springsteen

Tommaso Alvisi Film della settimana

Non erano previsti tour per lanciare il suo nuovo album, uscito a giugno 2019. Bruce Springsteen in realtà è tornato in studio per registrare il suo nuovo disco con la E-Street Band. Il nome e la data di uscita sono ancora top secret. Rumours dicono che nel 2020 il “Boss” sarà in tour per promuovere il nuovo album. In ogni caso l’album da solista, “Western Stars”, uscito a giugno, è stato il numero 1 nelle classifiche in tutti i continenti, inclusi Paesi come Stati Uniti, Regno Unito, Belgio, Germania, Spagna, Italia, Paesi Bassi, Australia, India, Sudafrica e tutta la Scandinavia, tra gli altri. Le recensioni del disco sono state entusiasmanti. A ragion veduta. In Italia in soli 3 giorni il film “Western Stars” è terzo al botteghino dopo il cartone Disney “Frozen 2” e il nuovo di Woody Allen “Un giorno di pioggia a New York”.

Dopo il regalo dello splendido incontro tra letteratura, teatro e musica di “Springsteen on Broadway” (vedi qui), ecco arrivare il film “Western Stars”. Nelle sale italiane è uscito solo per tre giorni (dal 2 al 4 dicembre) con Warner Bros. Un vero peccato per i motivi che spiegherò nel fondo del pezzo. Scritto e pensato assieme a Thom Zimny che ha curato diversi suoi documentari (il già citato tour a Broadway e il documentario su Darkness on the edge of town), Western Stars vede l’esordio di Bruce Springsteen alla regia. Questo film concerto di altri tempi mi ha fatto capire il gran lavoro fatto. Al primo ascolto, il disco mi aveva fatto meno effetto. La grandezza e la sincerità di Springsteen in questo lavoro è inconfutabile.

“L’America ha due facce: la prima è solitaria, l’altra è comunitaria, ama condividere“. Inizia così il film con il Boss che ci porta, con il Cinemascope, in un luogo magico ricco di spettri e fantasmi dove si sente l’odore del legno invecchiato di fine Ottocento: il fienile di casa Springsteen. Come ha rivelato lo stesso cantante, le sue canzoni sono scritte in modo cinematografico. La sua musica tocca la gente, genera immagini e i suoi testi sono così potenti che i registi sono costretti a mettere le sue canzoni nelle colonne sonore (La 25a Ora, The wrestler, Philadelphia sono esempi autorevoli). Se prendiamo i suoi dischi capiamo che Bruce ha sempre avuto un debole per il cinema e per la gente comune: c’è il road movie in Born to run, il noir in Nebraska e Thunder road, i “buddy movie” in Greetings from Asbury Park, l’aspetto sociologico in The ghost of Tom Joad, The River e Darkness on the edge of town. Springsteen stavolta è vestito con jeans e stivaloni da cowboy (anche se non è texano, ma del New Jersey). È lui il protagonista che, mano a mano, prende forma durante l’ascolto del disco. Oltre a lui ci sono cavalli, strade, macchine (ossessione springsteeniana), bracciali, anelli, il suo fienile ristrutturato. Poi c’è l’orchestra e la moglie Patti Scialfa. Naturalmente non mancano l’onnipresente tema del viaggio, l’asfalto, la polvere e il rombo dei motori.  Come ha rivelato sul Magazine “Sette” del Corriere della Sera, «quando sei giovane è tutta una questione di andare dove voglio, fare quello che voglio, essere quello che voglio. È bello quando hai 20 anni, ma se te lo porti dietro troppo diventa un limite. Quando invecchi cerchi una definizione più larga di libertà, qualcosa che includa il partner, la famiglia, la comunità, la vita pubblica. Invecchi e hai bisogno di queste cose per avere una vita appagante. Sono sempre alla ricerca di un modo fresco di raccontare storie. Arrivi a un momento in cui inizi a tirare le somme di quello che hai imparato e di quello che hai visto nella vita».

Cinema e musica vanno a braccetto insieme. Si amano, si vogliono, si cercano senza compromessi. Si avverte in Tucson Train dove c’è un uomo (il cantante) che è alla ricerca del suo lato migliore, ma si avverte soprattutto nella titletrack Western Stars. La storia di una vecchia leggenda del western che campa facendo pubblicità al Viagra ed esibendosi in rodei. Mentre il mondo pare essersi scordato di lui. Poi c’è la metafora dello stuntman in “Drive Fast” che a forza di spingere sull’acceleratore, capisce che qualcosa si è rotto.

Questa è la bellezza di questo grande artista. “Con questo film siamo andati oltre mostrando non solo la mia performance con l’orchestra, ma anche piccoli cortometraggi fra una canzone l’altra che fanno entrare l’ascoltatore ancora più a fondo nella musica. Il film e i personaggi del disco sono il catalogo dei miei errori. Molti hanno fallito in modo o nell’altro, o hanno fatto scelte sbagliate o hanno imboccato una brutta strada. Scrivo di queste esperienze e del prezzo che paghi per gli errori che compi (“the price you pay”), sperando che aiuti qualcuno a evitare di fare quegli stessi errori. A volte funziona, a volte no, ma è questa la mia ambizione, per me stesso e si spera per i fan” – ha detto il Boss a “Rolling Stone”.

Western Stars è un documentario musicale che riproduce l’amore e la poesia della vita attraverso la musica. Alle canzoni del disco uscito a giugno, stavolta si è aggiunta la cover di “Rhinestone Cowboy” di Glen Campbell. Una chicca che parla della voglia di cercare di andare avanti nella nostra vita che scorre potente nel finale.

Come diceva il protagonista di Blinded by the light (vedi qui), Javed, “Springsteen canta per ognuno di noi, come se ci conoscesse”. È un film piccolo, intimistico che tra una canzone e l’altra si concede qualche momento alto alla Terrence Malick.

Infatti il film vanta anche riflessioni niente male ed è il vero motivo per cui è stato pensato di fare questa pellicola da abbinare al disco. Il valore aggiunto è il rapporto che Springsteen da sempre ha saputo creare come pochi altri con il suo pubblico. C’è la gioia, c’è la felicità, ma aleggia anche il fantasma della depressione che Bruce ha raccontato nella sua autobiografia “Born to run”. “Non ci sono solo risposte, ci sono solo domande migliori. Ogni singolo giorno ci troviamo di fronte alla possibilità di rovinare tutto o di fare le cose per bene. Non è una lotta che si esaurisce. Va avanti. Magari diventi più bravo a gestirla e ti crei una vita piena, sul lavoro e a casa. È un viaggio quotidiano. Tocchi ferro e ti auguri che domani sia un giorno migliore”. Una filosofia di vita condivisibile visto che oggi molti non riescono più a immaginare il loro futuro.

Ma aldilà dell’esibizione live con l’orchestra nel (ristrutturato) fienile di casa Springsteen, Western Stars ha l’anima di un road movie. Splendida la fotografia di Joe DeSalvo: le distese sconfinate, il mito della frontiera americana, il deserto di Joshua Tree (sì quello che ha ispirato l’omonimo capolavoro rock degli U2), cavalli e auto da corsa mai dome, bar di periferia inondati di luci rosse. Allo spettatore sembrerà di essere a sorseggiare una birra con il Boss. E poi ci sono gli amori e il secondo matrimonio con la corista della E-Street Band, Patti Scialfa. Un rapporto vero e speciale che va avanti dai tempi di “Tunnel of love” (1987).

“Western Stars” conferma i pregi di Springsteen e la sua innata capacità di mettersi in gioco per gli altri. Non è un caso se ancora oggi è il paladino della middle class americana (e non solo): è un musicista di estrazione proletaria, figlio di immigrati (irlandesi da parte di padre, italiani da parte di madre), icona della cultura popolare e autentico show man che sa coniugare la spettacolarizzazione alla James Brown e i testi autentici e impegnati alla Bob Dylan. Riesce a mostrare i problemi dell’uomo comune in maniera (apparentemente) semplice ed efficace.

Dopo l’ottimo “Blinded by the light” (vedi qui) di Gurinder Chadha ispirato dalle sue canzoni senza tempo, ecco un altro esempio di cosa può fare il cinema se unito a ottima musica. Le esibizioni live danno spessore a questo disco e alcune canzoni colpiscono dritte al cuore. Il Boss ci fa riassaporare la voglia di bella musica con concentrazione, riportandoci all’epoca precedente all’arrivo dell’ascolto usa e getta con i social media (Spotify incluso). Perché Springsteen come pochi sa raccontare un mondo di valori veri che, speriamo, continui a durare a lungo. Come diceva in “No surrender”, we learned more from a three minute record than we ever learned in school. Abbiamo più imparato da una canzone di 3 minuti che dalla scuola.

Fonti: Cinematografo, Cinematographe, Mymovies, Comingsoon, Moviestruckers, Magazine “SETTE” del Corriere della sera

Regia ***1/2   Musica ****   Sceneggiatura ***1/2   Fotografia ****


WESTERN STARS  ****
(USA 2019)
Genere: Musicale, Documentario
Regia e Sceneggiatura: Thom Zimny e Bruce Springsteen
Fotografia: Joe De Salvo
Durata: 1h e 23 minuti
Distribuzione: Warner Bros
Uscita: 2 – 3- 4 Dicembre 2019
Trailer Italiano qui
Presentato alla Festa del Cinema di Roma
Recensione del disco Western Stars (2019)
Ascolta la colonna sonora qui
Intervista a Bruce Springsteen qui
La frase: Nella vita nessuno se la cava senza un graffio


Immagine da www.repubblia.it

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Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

archivio.ilbecco.it/autori/itemlist/user/2754-tommaso-alvisi.html
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