Il Festival di Cannes è di nuovo sbancato. Ostlund festeggia la seconda “Palma d’Oro” (la prima fu per The Square) con un film fieramente sovversivo, un po’ furbo, ma scaltro e capace di trovare il brutto in ciò che comunemente è percepito come bello.
Ma la felicità di Ostlund è durata poco. Lo scorso 29 agosto la modella e attrice sudafricana Charlbi Dean, protagonista del film, è morta per un imprecisato malore improvviso.
Se vi piacciono i film misurati, questa pellicola non fa decisamente per voi. Tutto è deformato, grottesco, esagerato, dilatato (la durata è di 2h e 30 minuti), ma è scritto in maniera egregia. Finalmente si ride e di gusto! Dopo Forza maggiore e The Square, il regista svedese Ruben Ostlund completa la sua trilogia sul maschio con la solita satira al vetriolo sul mondo della moda. Stavolta però le ambizioni sono maggiori: è il primo film in lingua inglese e nel cast c’è un attore noto in tutto il mondo (la star americana Woody Harrelson).
Nel primo parlava di un capofamiglia che, di fronte a una valanga, non esita a filarsela lasciando indifesi moglie e figli. Nel secondo affrontava il mondo dell’arte contemporanea attraverso la controversa figura del curatore di un museo di Stoccolma che finisce per portare tutti in una miriade di problemi dopo uno scippo. Stavolta Ostlund ha tre capisaldi: Lina Wertmuller, Luis Bunuel e Karl Marx. Della prima strizza l’occhio a “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto”, celebre pellicola italiana del 1974 con Mariangela Melato e Giancarlo Giannini. Del secondo c’è l’esplosività de “Il fascino discreto della borghesia” e de “L’angelo sterminatore”.
“Triangle of sadness” parte però da un principio marxista: “da ciascuno secondo le proprie capacità a ciascuno secondo i propri bisogni”. E c’è un personaggio, interpretato da uno scoppiettante Woody Harrelson, che crede nei principi di Marx.
Il film è diviso in tre parti: Carl e Yaya, lo yatch, l’isola.
Nella prima parte Ostlund utilizza una coppia di modelli come guida, stile Virgilio nella Divina Commedia. C’è la sfilata di modelli uomini che parlano dei loro diritti calpestati (il loro salario è un terzo delle colleghe femmine). Insomma un mondo all’incontrario, ma reale. La moda è uno dei pochi campi dove le donne guadagnano più degli uomini. Già da qui si capisce la forza della satira di Ostlund. Carl (Dickinson) e Yaya (Dean). Lui modello, lei influencer perennemente attaccata allo smartphone. Vanno a cena al ristorante. Arriva il conto da pagare e lui si lamenta che gli tocca pagare, visto che lei guadagna parecchio di più di lui. Ostlund ci mette in guardia: in questo film si parla di ribaltamenti di ruoli e di genere, di capitalismo.
Inizia la seconda parte (la migliore, la più disinibita, pura dinamite). Un giorno i due modelli vengono invitati, gratis ovviamente, a bordo di una crociera di lusso.
Dimenticate Fedez- Ferragni e il comandante Schettino, qui siete in buone mani. All’interno ci sono oligarchi russi, trafficanti d’armi inglesi, parassiti e avvoltoi, ultra ricchi apatici, anziani con importanti patrimoni. Tutta roba buona, insomma. Al timone c’è lo spassoso capitano (Woody Harrelson) che ha tre punti deboli: è alcolizzato, disilluso e pure marxista. Mai vista una sciagura del genere, specie per il tipo di persone a bordo. Sì perché presto arriva la “Cena del Capitano” (no Salvini non c’entra): una serata di gala che però è scossa da una copiosa mareggiata.
Ostlund riprende la celebre scena della cena di gala di “The square” (per intendersi quella dell’uomo/scimmia), la scuote, l’espande: i passeggeri vomitano a tutto spiano, altri espellono altri fluidi corporali (di colore marrone), mentre il capitano se ne sta a discutere con un russo capitalista (Z. Buric, già visto in “Pusher” di Winding Refn) di sistemi economici e ingiustizie.
Notevole il diverbio perché avviene tra un americano marxista e un russo capitalista che ama Reagan. Quest’ultimo ammette candidamente che si è arricchito “vendendo merda, vendendo fertilizzanti”. Scena spassosa e geniale: si ride di gusto, ma poi prende il sopravvento il retrogusto amarognolo. Chiaramente l’influenza dei Monty Phyton è palese (soprattutto “Il senso della vita”), ma c’è anche qualcosa che richiama “La grande abbuffata” di Ferreri.
Ciò che vediamo lo stiamo vivendo. Chiaramente la nave (ovvero la nostra amata società) sta per colare a picco. Caos totale. Togliete ogni freno inibitorio. Ostlund fa una critica sul vuoto della società contemporanea e non risparmia nessuno. “Il triangolo della tristezza si riferisce a un termine usato nel mondo della bellezza”, spiega il regista. “Una volta, durante una festa, un amico si è seduto accanto a un chirurgo plastico e questo, dopo una rapida occhiata alla sua faccia, gli ha detto: ‘Oh, hai un triangolo della tristezza abbastanza profondo, ma… posso risolverlo con del Botox in quindici minuti!’. Si riferiva alla ruga in mezzo alle sue sopracciglia, quella che in svedese chiamiamo ‘la ruga dei guai’, perché indica che nella tua vita hai dovuto sostenere tante battaglie… Pensavo che questa scelta dicesse qualcosa della nostra epoca e della nostra ossessione per le apparenze”.
Non è possibile che esista meno dell’1% della popolazione mondiale che ha in mano una ricchezza così esagerata. Il denaro ha sostituito di fatto religioni, valori e ideologie. Ecco il vero succo del film: i paradossi della società capitalista. L’ascensore sociale del finale, regole rigidissime, impostazione gerarchica e classista, menefreghismo, indifferenza, mancanza di democrazia. Poi, infine, c’è il terzo ed ultimo atto (il meno originale e meno intenso): il capovolgimento dei valori in gioco.
Il riccone russo, Carl e Yaya e pochi altri passeggeri finiscono su un’isola deserta. Dimenticate “Cast away” con Tom Hanks che urla “Wilson!” o il reality “L’isola dei famosi”.
Qui vige la legge del contrappasso: c’è una sorta di rovesciamento (chiaramente) dei valori economici e la nascita di un “Socialismo balneare 2.0”. Ed ecco che perfino una banale cameriera potrebbe diventare leader. E le influencer mute visto che Instagram e Facebook il cibo non te lo portano sull’isola deserta, ma te lo devi procurare in qualche modo.
E qui l’influenza di Lina Wertmuller è palese. Ostlund probabilmente si è sognato Giannini che urla alla Melato “brutta bottana industriale socialdemocratica!”.
Regia **** Fotografia ***1/2 Interpretazioni **** Sceneggiatura ***1/2 Film ***1/2
Fonti principali: Cinematographe, Coming soon, Bad Taste, Cinematografo, My Movies
TRIANGLE OF SADNESS
(Svezia, Usa, Gran Bretagna, Francia 2022)
Genere: Drammatico, Commedia, Grottesco
Regia e Sceneggiatura: Ruben Ostlund
Cast: Woody Harrelson, Charlbi Dean, Harris Dickinson
Fotografia: Fredrick Wenzel
Durata: 2h e 29 minuti
Distribuzione: Teodora Film
Trailer italiano
Uscita italiana: 27 Ottobre
Vincitore della Palma d’Oro a Cannes 2022
La frase cult: A noi piace la democrazia. Vendiamo bombe a mano.
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.