I 1.800 operai delle Acciaierie di Piombino metà dei quali in cig da anni, e un indotto calcolabile in altri 3mila lavoratori letteralmente alla canna del gas, aspettavano di conoscere direttamente dal governo, rappresentato dalla sottosegretaria Anna Ascani, e dal presidente toscano Enrico Rossi, cosa aveva detto loro il gruppo Jindal pochi giorni fa al Mise.
“Dicono che vogliono restare qui e investire nello stabilimento – sintetizza Massimo Braccini che guida la FIOM CGIL Toscana – ma siccome sono passati due anni senza un programma di rilancio per produrre acciaio con nuovi forni elettrici, abbiamo ribadito per l’ennesima volta che devono presentare un piano industriale. Perché anche l’eventuale sostegno di Cassa depositi e prestiti è subordinato a un progetto industriale credibile, e realizzabile. Non sarà un problema se venerdì al nuovo incontro al ministero Jindal dirà che ci vogliono ancora due settimane per il piano. Ma è essenziale che arrivi. Non c’è più tempo”.
È davvero l’ultimo tram per quello che resta il secondo polo siderurgico italiano. Lo è a tal punto che si è rotto perfino il tabù del possibile intervento pubblico di sostegno agli investimenti del gruppo indiano. Un colosso della siderurgia mondiale che però in Toscana, pur investendo nell’acquisizione del complesso, ha avuto perdite di esercizio legate proprio all’assenza di una produzione diretta di acciaio. E non ha avviato il rilancio che pure era stato assicurato.
Per giunta la possibilità di un sostegno pubblico, chiesta più volte negli anni dalle forze politiche di sinistra (PRC) e da alcune organizzazioni sindacali (FIOM e USB), e finalmente messa all’ordine del giorno da Enrico Rossi che ben conosce la difficile situazione in Val di Cornia, pur trovando una possibile sponda nel governo Conte ha trovato già l’opposizione della filiera siderurgica a forno elettrico del lombardo-veneto. Che, secondo il confindustriale Sole 24 ore, è pronta a sollevare eventuali problemi di antitrust se le misure studiate dal Mise per aiutare Jindal configurassero una concorrenza sleale.
Sul punto, la FIOM ha subito risposto: “Spiace constatare la preoccupazione di alcune imprese riguardo il possibile rilancio del sito di Piombino anche attraverso l’impiego di risorse pubbliche. In un momento in cui è prioritario il rilancio industriale del paese, c’è chi spera e lavora affinché vengano persi pezzi importanti dell’industria italiana solo pro domo sua. Per noi questo è inaccettabile, e ci impegneremo affinché non accada”.
“La crisi della siderurgia va avanti da anni in Europa ed in Italia – ricorda Braccini – la concorrenza con altri paesi è pesante. Ma non possiamo seguire modelli industriali fondati sul basso costo del lavoro, sulla mancanza di tutele, e sulla totale assenza di vincoli ambientali”.
Inoltre solo a Piombino si realizzano rotaie, l’unico segmento che attualmente può garantire profitti. E queste, con altri prodotti piani, darebbero un futuro a Jsw Italy e a quasi 5mila lavoratori.
Giornalista de il manifesto, responsabile della pagina regionale toscana del quotidiano comunista, purtroppo oggi chiusa. Direttore di numerosi progetti editoriali locali, fra cui Il Becco.