A settembre la Toscana rinnoverà il suo Consiglio Regionale, in un situazione che potrebbe essere definita, con un certo eufemismo, di grande understatement.
La crisi sanitaria in corso e una certa aria di ineluttabilità del risultato hanno reso la campagna elettorale del tutto evanescente: il dibattito è totalmente schiacciato sui profili personali dei candidati Presidenti della Giunta; una condizione sempre più comune nel dibattito politico, che sembra sempre più caratterizzarsi non per il conflitto delle idee quanto per la commerciabilità dei profili dei candidati.
La scarsità di tempo per la campagna elettorale non aiuterà certo gli elettori ad approfondire le proposte delle coalizioni e dei partiti che le compongono e a scovare le contraddizioni al loro interno.
Salvo incredibili accelerazioni, quindi, il risultato delle elezioni di settembre sarà poco condizionato dal dibattito e il risultato delle urne rischia di essere unicamente determinato dalle rendite di posizione dei singoli candidati in corsa.
Leonardo Croatto
Ogni commento sensato alle prossime elezioni Toscane (così come è stato per tutte le ultime tornate elettorali comunali e regionali e come sicuramente sarà per le prossime) può riassumersi con questo giudizio: l’appello al voto utile è la morte della politica.
L’appello al voto utile caratterizza molto più la sinistra che la destra. Mentre la destra tenta ancora di posizionarsi in modo chiaro (ancorché indigeribile) su alcuni temi, la proposta del variegato mondo della sinistra di governo è una majonese impazzita di idee in contraddizione l’una con l’altra, le quali trovano una sintesi nell’unica non-proposta su cui tutti quei soggetti riescono, strumentalmente, a convergere: votate noi altrimenti tornano i fascisti.
Fuori dall’intellettualmente miserabile teatrino rappresentato dagli appelli al voto utile provano a collocarsi formazioni politiche di dimensione oramai residuale che ancora tentano di dare un senso alla loro collocazione a sinistra sforzandosi di offrire agli elettori posizionamenti chiari su temi reali: sanità, ambiente, lavoro, diritti; ma ogni sforzo nel provare a portare il confronto politico sul merito, così come ogni facile denuncia delle contraddizioni che la sinistra del voto utile manifesta quando si cimenta su questi temi, è vano.
La paura ha una capacità di condizionamento delle scelte molto più forte di qualsiasi complesso ragionamento sui temi e politiche. Se la destra ha imparato da tempo a capitalizzare sulle paure della gente, la sinistra del voto utile sta tentando di recuperare terreno usando esattamente lo stesso trucco: non ti preoccupare di cosa faremo al governo della regione, vota noi perché gli altri sono peggio. E tanti saluti alla politica.
Piergiorgio Desantis
L’appuntamento delle elezioni regionali è previsto a settembre unitamente al referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari.
Oltre a questa “follia” di unire i due appuntamenti (il secondo per esempio sarebbe stato quantomeno da scorporare e tenere separato per una discussione minimamente più approfondita), stiamo entrando nel vivo di una campagna elettorale agostana/settembrina (caso unico e raro) dai contorni piuttosto difficili.
Difficile è la situazione del paese e difficile è la situazione della Toscana, regione che fonda una quota parte importante della sua ricchezza sul turismo e sui servizi a esso collegati. Il capoluogo di regione, in modo particolare, è preda di importanti incognite sul suo futuro, mentre, assai lentamente, prova a ridecollare un incerto turismo internazionale, che si avvicina solo all’ombra di ciò che è stato in base anche al numero delle presenze di appena un anno orsono.
Sono tante le pulsioni politiche, imprenditoriali, di categoria che vorrebbero un ritorno, stic stantibus rebus, al ritorno del modello turismo già sperimentato pre-Covid (vedasi affaire ampliamento dell’aereoporto di Firenze). Questa capriola all’indietro – semplicemente – non potrà essere possibile, perché le crisi più profonde non lasciano immutati i tessuti produttivi. Li travolgono e lasciano, spesso e volentieri, macerie a grana fina. Le forze politiche (tutte!) forse non hanno ancora ben metabolizzato queste trasformazioni già in essere né hanno iniziato a ipotizzare un disegno strategico di (possibile) sviluppo.
Politica, per chi scrive, significa proprio questo impegno a distruggere vecchi cliché (per non dire ideologie) e provare a (ri)costruire il futuro intorno a progetti forti e di benessere condiviso. “Questa è la peggiore campagna elettorale da sempre…” sarebbe tentati di dire di primo acchito. In particolare, si rimane stupefatti della distanza (in relazione a più piani) rispetto alla realtà, della staticità di vecchi schemi, ormai pallidi, e delle polemiche (soprattutto a sinistra) che tanto è facile cavalcare. Poi forse, riflettendo con più compiutezza, la mente ricorda (pur se con grave sacrificio) anche altre recenti campagne elettorali che si sono incentrate sulle furie anticasta o anti-immigrati.
Oggettivamente qualcosa di ben peggio e più terribile di ciò che oggi è al centro delle discussioni post-pandemia. Nonostante la manifesta insufficienza delle ipotesi in campo, resta l’esigenza di esercitare un diritto/dovere (così scriveva un costituzionalista) che tanto significa ancora per chi ha a cuore cambiamento e redistribuzione delle risorse contro ogni ipotesi regressiva e reazionaria (ricordiamoci che l’ipotesi leghista/fratelliditaliota è forte ed è in campo anche in Toscana).
Dmitrij Palagi
La Toscana è una delle poche realtà che si considera sicura per il centrosinistra. Un atteggiamento di quiete, da parte delle forze dell’attuale governo (Conte II), è stato forse eccessivo, a quanto dicono i sondaggi usciti negli ultimi giorni.
Quanto siano credibili le ricostruzioni della stampa non si può sapere.
Le coalizioni principali si scontrano con le altre opzioni date sotto il 10%. Il Movimento 5 Stelle, archiviata l’esperienza di Livorno senza grandi elaborazioni, è stimato comunque sopra alla sinistra di opposizione, che candida il Consigliere uscente Tommaso Fattori, capace di raccogliere il 6,28% nel 2015 (i pentastellati erano al 15,05).
Le destre registreranno quanto tiene la Lega, quanto crescerà la destra estrema di Fratelli d’Italia e quanto crollerà Forza Italia. Un completo mutamento del tipo di opposizione, che vede la tradizione (post?)fascista farsi sempre più classe dirigente (basta pensare agli attuali sindaci di Pistoia e Piombino).
Il centrosinistra è un apparato al governo del territorio da forse davvero troppo tempo. La candidatura di Giani parla del passato che vuole conservare una presunta Toscana Felix, una formula stanca a cui pure la maggioranza potrebbe continuare ancora a rivolgersi, anche per peculiari forme di orgoglio pre-politiche.
Toscana a Sinistra cerca di rafforzare una presenza sui territori che a Firenze, lo scorso anno, ha confermato di raccogliere più consenso del Movimento 5 Stelle, radicato in pochi bastioni e confuso sull’identità (di opposizione in Toscana, di governo a Roma, con contraddizioni evidenti sui temi infrastrutturali e non solo).
Le altre opzioni sono ancora incerte e da comprendere fino in fondo: a destra spunta il caso Salvini (consigliere uscente, ex leghista, che gioca chiaramente sul cognome per poter contare qualcosa all’eventuale ballottaggio e rientrare con le destre), a sinistra due partiti comunisti cerca di presentare, mentre sono in corso le raccolte firme in piena estate (nonostante l’abbassamento dei numeri, l’impresa appare a tratti eroica).
Il problema sono i programmi. Per quante centinaia di pagine possano essere scritte, per come è strutturato il sistema politico, è difficile immaginare che acquistino centralità i contenuti. Il centrosinistra vede liste presentare programmi tra loro contrapposti. Un sindaco eletto sul ‘no inceneritore’ e ‘no aeroporto’, nel non marginassimo Comune di Firenze, con il Partito Democratico all’opposizione, ha scelto di sostenere Eugenio Giani (favorevole a un nuovo aeroporto nel fiorentino e agli inceneritori). Sinistra Italiana, di cui questo Sindaco fa parte, ha invece scelto Fattori.
Si voterà per appartenenza e per capacità di mobilitazione dei propri elettorati. Non ci sarà nessuna contesa di visioni, se non per le liste fuori dallo scontro tra le due principali coalizioni. A loro l’opportunità e l’occasione di colmare questa mancanza… ma non è facile riuscirci, specialmente d’agosto…
Jacopo Vannucchi
Le elezioni regionali in Toscana possono ricordare quelle in Emilia-Romagna del 26 gennaio scorso. In realtà ci sono alcune differenze fondamentali. In primo luogo il centrosinistra può contare su un paio di punti percentuali in più, pur basandosi questa asserzione sul risultato delle europee 2019, il cui quadro politico è stato superato dalla successiva crisi di governo. In secondo luogo in Emilia-Romagna si trattava di riconfermare o meno fiducia a un Presidente in carica, mentre in Toscana i candidati sono tutti aspiranti. Infine, a gennaio non c’era ancora stata la batosta economica della Covid-19.
Salvini, sempre più in difficoltà nel partito e nella coalizione, non può che scommettere sul successo della sindaca di Cascina, tanto più per vendicarsi di Renzi e Italia Viva che al Senato sono stati determinanti per concedere l’autorizzazione a procedere contro di lui.
Per cui non mi iscrivo al partito dell’ottimismo superficiale. Nel 2019, quando la Lega aveva il vento in poppa, il centrosinistra vinse al primo turno a Firenze, ma appunto non c’era stata la Covid e la Toscana non è Firenze. In quello stesso giorno, ad esempio, la sinistra perse Piombino per la prima volta dopo il 1945, mentre l’aver tenuto Prato fu di per sé salutato come un successo.
Ad oggi la crescita della destra è minimale rispetto al picco massimo del 40% ottenuto da Matteoli nel 2000 e della stessa cifra come somma di Faenzi (PdL-Lega) e Bosi (UdC) nel 2010. Il vero tema è che, mentre la destra ha recuperato i suoi elettori un tempo fuggiti fra i 5 stelle, il centrosinistra non è riuscito a farlo.
Del resto credo sia un bene anche il mancato accordo tra centrosinistra e 5 stelle: se si fosse realizzato, una quota di elettori M5S avrebbe senza dubbio scelto di votare a destra. Più utile puntare sul voto disgiunto, proprio come in Emilia, dove il differenziale Bonaccini/Borgonzoni è stato superiore di cinque punti a quello tra le rispettive coalizioni. Un aiuto che probabilmente è venuto anche da Forza Italia.
Non ritengo invece di dover parlare di Fattori, che vuole “andare al ballottaggio con Giani” e non vuole “fare un nemico assoluto” di un ex ministro che mandato a giudizio per sequestro di persona rivendica che lo rifarà non appena tornerà al governo.
Alessandro Zabban
Abbiamo visto come in Emilia Romagna Bonaccini abbia prevalso (di poco) grazie alla tattica dell’appello al voto utile e contro le “destre razziste”, riuscendo a catalizzare buona parte dei voti da sinistra.
Nell’altra ex regione rossa, la Toscana, il copione sembra essere molto simile. Giani, indubbiamente anch’esso un esponente di destra del PD, è duramente impegnato in una altrettanto spasmodica “operazione sardina”: agitare lo spauracchio della calata dei barbari della Lega e di Fratelli d’Italia per far ingoiare a tutti un programma controverso dal punto di vista ecologico e dei diritti civili e sociali e dal quale emergono chiaramente le vecchie logiche neoliberiste che lo animano.
Questo giochetto del votare il meno peggio ha finito negli anni per muovere l’ago politico della bilancia sempre più a destra, obbligando molti a votare soggetti politici sempre più impresentabili. Le forze realmente progressiste e di sinistra che operano generosamente sul territorio si trovano così a lavorare in una situazione disperata, fra una generale egemonia politica a destra, una democrazia mediatica nella quale trovano pochissimo spazio e il permanente assedio da parte di una sinistra moderata che critica la destra per il fatto di usare la paura a fini elettorali ma che a sua volta usa la paura dell’arrivo delle destre per convincere l’elettore di sinistra a turarsi il naso e votare moderato.
Immagine da www.pikist.com
Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al “tema della settimana”. Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).
A volta sono otto, altre dodici (le mani dietro agli articoli): ci teniamo elastici.