Ecco qua il film più importante del Festival di Venezia, n. 79. Jafar Panahi le ha provate tutte per divulgare il suo cinema, ma il suo Paese (l’Iran) lo ha di nuovo imprigionato. La prima volta fu nel 2010. Gli fu vietato di realizzare nuovi film, di viaggiare e di rilasciare interviste sia in Iran che all’estero per vent’anni con l’accusa di “propaganda contro il regime”. Panahi però aveva fatto film clandestinamente. Ha inserito una camera Black Magic in una scatola di fazzoletti all’interno di un taxi, all’interno di un cartone per pizze. Insomma in ogni dove.
Il cinema in qualche modo deve veicolare. L’amore di quest’uomo per il cinema è oltre il suo corpo. Un coraggio che pochissimi eletti hanno. Il suo uso della settima arte per cambiare la società è a dir poco rivoluzionario. Nel 2006 fece un film “Offside” (ovvero fuorigioco) dove le donne vanno allo stadio a Teheran alla partita della Nazionale vestite da uomini. In Iran alle donne è infatti vietato assistere a manifestazioni sportive. Leone d’oro al Lido nel 2000 con Il cerchio e Orso d’oro a Berlino nel 2015 per il bellissimo Taxi Teheran, a luglio è stato di nuovo arrestato e condannato a sei anni di detenzione.
Ma lui non si è mai arreso. Ha prodotto This Is Not a Film (2011, contrabbandato a Cannes), Closed Curtain (2013, diretto in tandem con Kambuzia Partovi, Orso d’argento alla Berlinale), quindi Taxi Teheran, fino a Tre volti (2018, premio alla sceneggiatura a Cannes).
Adesso, dopo Venezia, arriva nelle sale italiane grazie a Academy Two (sempre una garanzia per il film d’autore) con “Gli orsi non esistono”. Siamo in Iran, vicini al confine con la Turchia. Panahi sta girando un film che racconta la storia di una coppia di esuli iraniani che sta cercando di partire per Parigi con documenti falsi: una storia vera, interpretata dagli stessi protagonisti, che però i ciak incanalano nella finzione causando non pochi problemi alla donna della coppia.
Panahi sta girando a Teheran (la capitale dell’Iran), coordinando la troupe a distanza attraverso videochiamate, che si propone di testimoniare la tentata fuga dal Paese di una coppia. Arrivato nel paesino al confine con la Turchia, Panahi fotografa una ragazza con l’uomo che ama, mettendo a rischio il matrimonio di lei con il suo promesso sposo. I fidanzati erano clandestini e, secondo antiche superstizioni e regole arcaiche, i due chiedono al regista una dichiarazione firmata che la foto non esiste. Ma le autorità stanno indagando sulle attività clandestine di Panahi. Poi un giorno scopre dell’esistenza di alcuni orsi, ma poi scopre che tutti sanno che le bestie non esistono. È un escamotage usato dalle autorità per non far varcare il confine. Ricorda molto Shyamalan di “The Village”. Un villaggio americano circondato da una foresta. Gli anziani del paese non vogliono che mogli, figli e figlie superino i boschi per avventurarsi in città. Allora si inventano delle bestie feroci che vivono ai margini della foresta. In realtà le bestie sono gli anziani stessi che, feriti chi per un lutto in famiglia, chi per le asprezze del quotidiano, ha deciso di creare un villaggio, apparentemente idilliaco, riportandolo indietro di un secolo, lontano dalla modernità e dal dolore del quotidiano.
Anche stavolta Panahi usa il cinema come mezzo di denuncia, anche quando gli vengono messi i bastoni fra le ruote. Realtà e finzione si confondono continuamente. La bellezza del film si può sintetizzare così. La messa in scena è minimale, ma il messaggio arriva lo stesso. Decide di metter in ridicolo le tradizioni, mostrando la verità dei fatti.
“No bears” è cinema politico fortissimo, ma piacerà a pochi perché sarà considerato pessimista. Invece purtroppo ha un finale “crudo”, senza speranza perché il mondo reale è aspro, nerissimo. Proprio in questi giorni in Iran è in atto una rivolta delle donne dopo l’uccisione di una ventiduenne curda da parte della polizia di regime. Negli scontri hanno perso la vita 14 persone. Il regista iraniano mostra l’arretratezza del suo Paese, ci prende per mano mostrandoci come non va. Ci mostra che apparentemente la violenza non c’è, ma che tutto può degenerare da un momento all’altro. A Venezia tutti lo hanno citato. Poi è arrivato il Premio Speciale della Giuria. Mi unisco all’appello #Free Jafar Panahi.
Il vero leone è davvero Jafar. Altri che orsi. Quelli non esistono.
Regia ***1/2 Fotografia *** Interpretazioni *** Sceneggiatura ***1/2 Film ***1/2
Fonti principali: Cinematographe, Coming soon,, Bad Taste, Cinematografo, My Movies
GLI ORSI NON ESISTONO (NO BEARS)
(Iran 2022)
Genere: Drammatico
Regia e Sceneggiatura: Jafar Panahi
Cast: Jafar Panahi, Naser Hashemi, Vahid Mobaseri
Fotografia: Armin Jafari
Durata: 1h e 46 minuti
Distribuzione: Academy Two
Trailer italiano qui
Uscita italiana: 6 Ottobre
Gran Premio della Giuria al 79° Festival di Venezia
La frase cult: Il sentiero non è sicuro. Ci sono gli orsi.
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.