Menu
  • Home
  • Politica
  • Cultura
  • Iniziative
  • Chi siamo
Close Menu
baker_baking_bread
22 Gennaio 2020

Settimana lavorativa corta: una soluzione solo parziale

Elena Papucci Società

Ha destato entusiasmo la proposta della premier finlandese Sanna Marin riguardo l’adozione della settimana corta: lavorare solamente sei ore al giorno per quattro giorni la settimana; ovviamente con lo stesso stipendio. Sembrava la realizzazione, o almeno la speranza di realizzazione, di qualsiasi lavoratore: lavorare meno ma riuscire lo stesso a guadagnare a sufficienza per soddisfare le esigenze proprie e della propria famiglia. Purtroppo c’è stata la smentita: la proposta non rientrerà in nessun programma elettorale!
Certamente si sarebbe trattato di un’innovazione che avrebbe reso più realizzabile la conciliazione tra tempo di lavoro e tempo di vita, rendendo la quotidianità più agevole a chiunque non voglia rinunciare alla famiglia ma neanche alla realizzazione professionale. Ma non solo: avrebbe permesso (o forse costretto?) al datore di lavoro di incentivare le assunzioni: insomma, si sarebbe arrivati alla concretizzazione del “lavorare meno lavorare tutti”. 

Ciononostante è opportuno analizzare la questione in maniera più approfondita, facendone venire fuori anche quelle che potrebbero essere criticità: infatti il lavoro, visto dalla prospettiva finlandese, viene considerato un mero strumento per garantirsi la sussistenza. Siamo davvero sicuri che le persone abbiano come unica ragione che li spinge ad impegnarsi nel lavoro il “mettere insieme il pranzo con la cena”? Almeno dovremmo avere l’onestà di dire che così non dovrebbe essere, ed ancor più sarebbe indispensabile adoperarsi per cambiare le cose!
Certamente è sbagliato, sebbene sia una condizione molto comune, ritenere che qualsiasi modalità di lavoro possa trovare una giusta contropartita in denaro o in tempo libero: non è sostenibile considerare il tempo di lavoro come un inferno da scontare, col pensiero fisso a ciò che faremo con i soldi guadagnati durante il sospirato week end. Anche perché, siamo sicuri di essere, nel finesettimana, abbastanza lucidi e pronti a godere dei frutti del nostro lavoro? Richiamo di essere così appesantiti da ciò che viviamo da lunedì al venerdì che il nostro unico desiderio sia chiudere gli occhi e non pensare a nulla fino alla sveglia del lunedì! E i soldi? chiusi in banca!
In quest’ottica l’ipotesi finlandese pareva praticamente perfetta: si limitava il fastidio del lavoro al tempo strettamente necessario per garantire la sussistenza. In sostanza, per quanto ci apparisse pesante e difficile la nostra situazione di lavoratori la settimana corta permetteva di “limitare i danni” e concederci delle anticipazioni di quel paradiso che poi avremmo assaporato sabato e domenica. Sicuramente lavorando solamente dal lunedì al giovedì per sei ore al giorno saremmo riusciti a tenere a bada la stanchezza fisica! Ma che ne è della fatica psicologica di essere consci di dover tornare ogni giorno inesorabilmente in una situazione che concepiamo (per motivi più o meno oggettivi) come insostenibile?

Va da sè che i soldi sono importanti perchè la sicurezza economica, unitamente all’autonomia personale, permette di decidere autonomamente della propria vita: i nostri genitori non vedono di buon occhio una scelta in campo affettivo o professionale? Dal momento in cui abbiamo uno stipendio siamo nelle condizioni di non dover sottostare al loro parere! D’altronde però, se tenessimo totalmente per buono questo assunto, chi è ricco di famiglia potrebbe limitarsi a fare volontariato, senza avere bisogno di una contropartita in denaro, e senza vincoli ad esempio orari per lo svolgimento del loro compito: dopo un’ora ti annoi di scrivere? Bene, chiudi il computer e ci ripensi quando arriva nuovamente l’ispirazione!
Invece è esperienza diffusa che in un certo momento chiunque abbia acquisito una certa professionalità in una materia senta il bisogno di ricevere, in almeno una delle attività svolte, qualcosa in cambio del proprio lavoro: i soldi in quel caso lì fungono da attestato di stima.
Quindi non può esistere il volontariato? Certo che sì: ma anche in quel caso è indispensabile trovare una forma di pagamento di chi sta mettendo le proprie conoscenze a disposizione di un progetto. La moneta più richiesta? Il rispetto!
Affidarsi e fidarsi di chi svolge una professione, mettendolo in condizione di dare il meglio di sé, senza subire critiche continue, spesso per bocca di chi non è assolutamente competente, è una condizione imprescindibile, sicuramente nel mondo del volontariato, ma anche nel mondo del lavoro.

I soldi infatti non giustificano assolutamente tutto: anche se ti pago per fare un lavoro non deve mai mancare tra le parti un rapporto umano corretto, regolato dalla reciproca considerazione e dall’altresì reciproco comportamento corretto e attento ai doveri stabilito dalla loro relazione professionale: il datore di lavoro ha l’obbligo di riconoscere al lavoratore una retribuzione “proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa” (articolo 36 della Costituzione Italiana), mentre il lavoratore deve garantire un lavoro svolto al meglio delle proprie possibilità.
Bisogna sottolineare che la retribuzione deve essere proporzionata a diversi fattori, tra cui il tipo di lavoro richiesto: non tutti i mestieri richiedono la stessa competenza, e non tutti richiedono la stessa formazione e la stessa preparazione. Oltre allo stipendio devono essere messe sul piatto della bilancia le condizioni lavorative della persona: se il luogo di lavoro è insalubre a nulla vale lo stipendio, perché non si può pagare la salute col denaro! Nessuno dovrebbe trovarsi a scegliere, come accade ad esempio a Taranto per quanto riguarda l’Ilva, tra non avere soldi per vivere e rischiare di morire di cancro!

Ma non scordiamo per nessun motivo il benessere psicologico del lavoratore: perchè qualcuno dovrebbe alzarsi la mattina pensando di andare in un ambiente che percepisce ostile, solamente perché è pagato per farlo?
La vita non è la barzelletta in cui ci si chiede “perché devo andare a scuola?” e si ottiene la risposta “perché hai 50 anni e sei il preside”. Questo preside non dovrebbe temere l’inizio della giornata lavorativa, perché dovrebbe essere il lavoratore giusto al posto giusto e sarebbe corretto che avesse tutti i mezzi per svolgere al meglio un lavoro che ha scelto ed in cui crede. Potremmo dire che da contratto si sa, una volta decisa la propria professione, a cosa si va incontro: il preside sa benissimo che avrà a che fare con professori, studenti e genitori. Sarebbe uno sprovveduto se pensasse di starsene all’aria aperta a coltivare patate!
Ma la vita è imprevedibile, e quello che un giovane immaginava sui banchi dell’università spesso non assomiglia nemmeno lontanamente a ciò che si trova a fare da lavoratore adulto: intanto alcune lauree sono tanto generiche da costringere a “inventarsi” il proprio destino, finendo per sbarcare in terre lavorative sconosciute. Ma, anche nel caso di un laureato in medicina che arriva ad indossare il sospirato camice bianco, qualcosa può non andare per il verso giusto in corsia: infatti parte del giudizio su un luogo di lavoro lo dà il rapporto con i colleghi. Se qualcosa non funziona sotto quell’aspetto prima o poi il novello Dottor House rischierà di trovarsi a pensare con sempre più impazienza alla pensione, o a rimpiangere di non avere optato per una carriera diversa.
Ovviamente non è pensabile che tutto vada per il meglio, ma almeno si spererebbe che la bilancia della nostra esistenza pendesse sempre dalla parte della positività. Infatti, se questo non avviene, non è così facile trovare altro e licenziarsi.

In conclusione non solo non basta la supposta proposta finlandese per migliorare la vita quotidiana dei lavoratori, ma forse non è neanche necessaria: credo sia più utile impegnarsi per ambienti di lavoro più “people friendly” in cui, nonostante ci si impegni tutti per raggiungere i nostri obiettivi professionali, ci sia spazio per il dialogo ed il rispetto reciproco, e si cerchi di facilitare i singoli nelle loro faccende personali. Chiaramente per un bimbo la mamma non può essere sostituita dalla collega, ma appunto sarebbe bello che il gioco di squadra permettesse a tutti di essere non “mamme” (o padri) o “lavoratrici” (o lavoratori), ma persone complete, in cui tutti i pezzi del puzzle si possano comporre per formare la persona nella sua interezza.

Print Friendly, PDF & Email
Elena Papucci

Nata a Firenze il 17 novembre 1983 ha quasi sempre vissuto a Lastra a Signa (dopo una breve parentesi sandonninese). Ha studiato Lingue e Letterature Straniere presso l’Università di Firenze. Attualmente, da circa 5 anni, lavora presso il comitato regionale dell’Arci.

archivio.ilbecco.it/autori/itemlist/user/125712-elena-papucci.html
  • Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic per condividere su Telegram (Si apre in una nuova finestra)

Correlati

Related Posts

fightMOD

A Dieci Mani

Biden, Sanders e la proposta di aumento di salario minimo negli USA

Manca pochissimo all’insediamento e il nuovo presidente degli Stati Uniti Biden ha annunciato il sostegno alla proposta di aumento del salario minimo a 15 dollari, facendo così sponda al senatore Sanders, eletto alla presidenza della Commissione Bilancio.

Print Friendly, PDF & Email
  • Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic per condividere su Telegram (Si apre in una nuova finestra)
exercise-class

Umanistica e sociale

Il tempo libero nella società neoliberista

[Dall’archivio]
Nel tempo libero si fa sempre meno ciò che ci dà realmente soddisfazione e sempre di più quanto una società dell’ottimizzazione impone. L’imperativo di ottimizzare anche la propria felicità ha poco a che fare con una reale libertà e autonomia, quanto alla subordinazione di tutto all’efficienza.

Print Friendly, PDF & Email
  • Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic per condividere su Telegram (Si apre in una nuova finestra)
Hiroshima_museum_watch

Pillole dal Giappone

#365 – Il Giappone non ratificherà il trattato per il bando totale delle armi atomiche

Nelle parole del segretario ONU Guterres, il trattato è un omaggio ai sopravvissuti dei bombardamenti nucleari; ma il segretario generale di Gabinetto Kato ha confermato che l’unico Paese ad aver subito un bombardamento atomico non aderirà, preferendo rimanere sotto l’ombrello nucleare degli USA.

Print Friendly, PDF & Email
  • Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic per condividere su Telegram (Si apre in una nuova finestra)
Back To Top

Licenza Creative Commons
Eccetto dove diversamente specificato, i contenuti di questo sito sono rilasciati con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 3.0 Italia.

IL GIORNALE
L'ASSOCIAZIONE
LA RIVISTA
AUTORI
CONTATTI
SOSTIENICI
ARCHIVIO
PRIVACY
Questo sito NON utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti. Accept Read More
Privacy & Cookies Policy

Privacy Overview

This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessario
Sempre attivato

Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.

Non necessario

Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.