Negli ultimi anni la Lega si è resa protagonista di una svolta politica considerevole: il passaggio da un’ideologia regionalista e federalista ad una più marcata da suggestioni sovraniste e nazionaliste. La pandemia sembra però aver iniziato a mutare il quadro e Salvini appare in affanno in questa nuova configurazione politica. Con uno spazio a destra che sembra restringersi, vista la crescente solidità che dimostra Fratelli d’Italia, la Lega potrebbe essere tentata di occupare lo spazio dei moderati, dove resta un Berlusconi che appare ormai irrimediabilmente indebolito e leader politici, come Renzi o Toti, che non sembrano in grado di sfondare. Sulla reale o presunta svolta centrista della Lega il Dieci Mani della settimana.
Leonardo Croatto
In un sistema in cui la rappresentanza delle idee in forma organizzata sembra orami fuori dalla storia i partiti politici, ristrutturatisi in forma di agenzie di marketing, hanno per necessità fluidificato la loro posizione politico-ideologica con l’intento di renderla rapidamente adattabile ai mutamenti d’umore dell’elettorato. A sua volta l’elettorato, non avendo più riferimenti stabili, tende a oscillare con più facilità che in passato da un partito all’altro.
Essendosi infranta la catena di senso che legava valori individuali a visioni collettive e visioni collettive ai partiti che si candidavano a rappresentarle è ovvio che anche la fedeltà ai partiti viene meno. Se, oltre alla diminuzione di fedeltà ai partiti per motivi ideologici questi mettono in atto anche meccanismi di compressione degli spazi del dibattito interno, è chiaro che tra le due opzioni Hirschmaniane “voice” e “exit” gli elettori saranno sempre più propensi a scegliere la seconda rispetto alla prima.In questo senso, l’organizzazione della politica in partiti fluidi dal punto di vista ideologico e leggeri dal punto di vista organizzativo facilita la mobilità dei voti; non stupisce quindi osservare in tempi brevi grandi transumanze di elettori da un partito all’altro, con questi ultimi oramai più impegnati a inseguire che a guidare la partita delle idee.
La situazione della Lega sembra, in questo senso, più quella di un’azienda in crisi che mette in discussione il suo CDA più che un partito che, in fase congressuale, discute di come articolare la propria proposta per renderla più appetibile per il paese.
Piergiorgio Desantis
La Lega (ex nord) dopo la fondazione secessionista/federalista, con la segreteria Salvini si è orientata verso posizioni che sono state definite sovraniste/populiste (espressione tutta da indagare e approfondire). Visto il calare del fragore mediatico (e dei risultati elettorali) sono filtrate voci circa una possibile adesione della Lega al Partito Popolare europeo. Questione che non stupisce, tutt’altro, visto che nel Ppe è presente anche la formazione di destra nazionalista e xenofoba di Victor Orban. Sembra profilarsi, invece, un riposizionamento della Lega stessa quale forza “tranquilla” e di governo. Tra l’altro, quest’ultimo è già fatto conclamato da un ventennio nel nord produttivo italiano. La presenza di un esponente come Zaia, capace di raccogliere oltre il 70% dei voti alle ultime regionali, sembra preludere a una scelta più centrista in politica interna e, anche, in politica estera (vedi nei rapporti con UE) , con il potenziale emarginamento delle posizioni di Borghi/Bagnai. Rimane, pesante e piuttosto indigeribile, il fondo ideologico su cui si basa la Lega: liberismo e politiche repressive su migranti e sui lavoratori e disoccupati, al di là di ogni presunta svolta. Cosa che non andrebbe dimenticata mai.
Dmitrij Palagi
Marcello Pera ha partecipato a pieno titolo al tentativo di definire costituzionalmente delle radici cristiane per il continente europeo (o almeno per le realtà comprese sotto l’Unione Europea). Per lui il liberalismo può essere solo di matrice cattolica. Non è un moderato.
Si tratta di un conservatore di destra, apparentemente distante dalla Lega conosciuta negli ultimi anni, ma in realtà incredibilmente rivalutato da un sistema di informazione che ha cancellato quanto alcuni settori di Forza Italia non siano mai stati moderati.Lui (Pera) è il nome associato alla presunta rivoluzione liberale che Salvini ha evocato sul Corriere della Sera l’8 ottobre 2020 (leggi qui). Di rivoluzionario però c’è poco. Come lo stesso ex Presidente del Senato riconosce, il termine rivoluzione liberale appartiene anche a una cultura che guarda a Gobetti (che a sua volta guardava con simpatia al 1917 russo).
Non c’è un disegno di libertà in campo economico da associare a una libertà individuale, nel futuro della destra italiana.Ci sarà una competizione tra soggetti su chi meglio si presenterà a tutela di settori economici evidentemente incapaci di dare risposti all’attuale crisi pandemica (e ancora prima alla crisi economica del 2007). Il protagonista assoluto delle stagioni precedenti, Silvio Berlusconi, non può vincere il tempo.
La Lega oggi è uno dei partiti con maggiore storia nel Paese. Al suo interno si è sedimentata una storia particolare (a cui appartiene a pieno titolo anche Paragone, con il suo nuovo movimento Italexit). Le ambizioni di essere un partito nazionale, archiviando le aspirazioni secessioniste nel nord, sono uscite ridimensionate dalle ultime regionali. Emilia Romagna e Toscana non sono state un passaggio di allargamento dell’ascesa staliniana, mentre in Liguria e (soprattutto) in Veneto si sono rafforzati percorsi autonomi dal nuovo corso leghista.Di moderato c’è però davvero poco nel programma delle destre. Come in quello della “nuova” Confindustria di Bonomi.In Italia la moderazione può essere trovata principalmente a sinistra, dove si maschera da presunto senso di responsabilità, o si perde nella ricerca di un “aggiornamento” delle proprie categorie (ma quali?).
Al momento al Governo siedono tutte le forze politiche che da sole possono adeguatamente coprire il campo dei moderati. Messa tra parentesi la vicenda di Liberi e Uguali, che però richiederebbe una riflessione a parte, non c’è davvero spazio per altre opzioni moderate. Sono semmai le caratteristiche che la destra sceglierà di avere a essere oggetto di cambiamenti continui, in questa fase. Pera si è inserito nel noto canale di comunicazione tra Verdini e Salvini. Lo ha riconosciuto lui stesso. Sono le conoscenze personali di quell’ambito ristretto che è (diventata) la politica istituzionale italiana.
Fuori dal dualismo Lega – Fratelli d’Italia c’è spazio per una destra moderata di opposizione? No. Il resto sono congetture giornalistiche, che rimuovono la sostanza delle proposte e dei progetti.
Jacopo Vannucchi
Nel 2024 a quanto pare il Partito Popolare Europeo potrebbe restare di fatto senza una rappresentanza politica in Italia, eventualità che turba i sonni dei suoi dirigenti. La direzione nella quale cercano di correre ai ripari non può stupire. Molti anni fa Sergio Mattarella definì «un incubo irrazionale» l’ipotesi di adesione di Forza Italia al PPE, ipotesi che si tramutò in realtà a ottobre 1999. Quattordici anni dopo il partito di Berlusconi iniziò in Italia una forte campagna contro la UE, l’euro e la Germania; la sospensione dal PPE sembrò vicina, ma non se ne fece niente. La sospensione, e non l’espulsione, è arrivata invece a marzo 2019 per il Fidesz di Orbán a causa della violazione dello stato di diritto in Ungheria. Già a settembre 2018 il capogruppo popolare Manfred Weber aveva detto che «per il bene della UE» (!) erano necessari compromessi con Orbán e Salvini. Uno dei primi atti della nuova legislatura europea, ossia la mozione di equiparazione dell’URSS alla Germania nazista nell’80° della Seconda guerra mondiale, è stato votato da una maggioranza estesa dai socialisti al gruppo ECR (i cui maggiorenti sono il PiS polacco e Fratelli d’Italia).Ad oggi il PPE pone come condizione all’ingresso leghista l’abbandono della linea sovranista. Ammesso che l’opposizione sia sulle politiche e non sull’antipatica persona di Salvini, ammesso che il PPE riesca a ottenere quella svolta, ammesso che sia politicamente onesto che un partito passi con non-chalance dal secessionismo al nazionalismo al popolarismo, probabilmente la Lega andrebbe incontro a un forte calo di voti come successo ad analoghi partiti dopo la svolta “responsabile” (il Laos in Grecia, la BZÖ in Austria).La questione è quindi un’altra: quali rapporti il PPE intende mantenere con la destra radicale? Il paradosso secondo cui Stati sotto inchiesta per violazioni dello stato di diritto possono porre il veto sul bilancio comunitario deve essere superato oppure va tutto bene?
Alessandro Zabban
La Lega di Salvini si è sempre presentata come un movimento liberista, espressione del ceto produttivo e dei piccoli e medi imprenditori del Nord Italia. Il suo posizionarsi contro le politiche di austerità inaugurate da Monti e da Fornero non ha mai rappresentato una critica complessiva al sistema ma solo una volontà di “liberare” ancora di più l’economia dalla zavorra delle tasse. Invece che fare proposte concrete contro i tagli a scuola, sanità e cultura, lo slogan di Salvini si concretizzava nell’attuazione della Flat Tax per dare ancora più soldi a chi già ne ha tanti. La Lega era ed è ancora oggi un partito neoliberista.Casomai, qualche segnale di cambiamento si può avvertire nei discorsi di Salvini quando parla di politica estera. Accantonate le dichiarazioni di ammirazione nei confronti della Russia di Putin e annacquate le invettive contro Bruxelles, il leader del Carroccio sta ultimamente cavalcando l’offensiva mediatica contro la Cina alla quale contrappone la sua vicinanza alle “grandi democrazie” di Israele e degli Stati Uniti. Insomma, una svolta sì, ma che si fa fatica a definirla “moderata” e che sembra più l’esito di un calcolo elettorale che di una reale convinzione ideologica. La nuova Lega non sembra voler rinunciare al suo mix di nazionalismo xenofobo e di laissez faire, ma in questa fase vuole portarlo avanti all’interno del campo atlantista.
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Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al “tema della settimana”. Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).
A volta sono otto, altre dodici (le mani dietro agli articoli): ci teniamo elastici.